di Chiara Bertorotta
Ad un mese dall’inizio delle Olimpiadi, gli occhi del mondo sarebbero comunque stati puntati sulla Francia. Lo scorso 9 giugno, la scelta del Presidente Macron di sciogliere l’Assemblée Nationale a seguito dei risultati delle elezioni europee ha però aggiunto un nuovo motivo per cui prestare attenzione: tra meno di una settimana, 49 milioni di elettori francesi sono attesi alle urne per un voto che potrebbe cambiare gli equilibri politici all’interno del loro Paese e avere delle ripercussioni anche a livello internazionale.
La decisione di sciogliere l’Assemblée Nationale
Per Emmanuel Macron, le elezioni europee hanno parlato chiaro: i risultati non sono stati favorevoli ai partiti che difendono l’Europa, che è invece stato da sempre uno dei pilastri della sua politica. In effetti, il successo maggiore — come in altri Paesi dell’Unione — è stato conseguito da un partito di estrema destra e notoriamente euroscettico, il Rassemblement National di Marine Le Pen, che ha preso il 31,3% dei voti, mentre il partito del Presidente si è fermato al 14,6%.
Di fronte a queste evidenze, Macron ha quindi deciso di sciogliere l’Assemblea Nazionale — la camera bassa del Parlamento francese, che dà la fiducia al governo — e di indire elezioni anticipate. Per fare ciò, ha invocato l’articolo 12 della Costituzione, in base al quale il Presidente della Repubblica, dopo aver consultato il Primo ministro e i Presidenti dell’Assemblea e del Senato, può pronunciare lo scioglimento della prima, le cui elezioni devono tenersi tra i venti e i quaranta giorni successivi.
Nel prendere questa decisione, Macron ha sottolineato di voler compiere un atto di fiducia verso i cittadini, convinto che essi siano in grado di compiere la scelta più giusta per il popolo francese e per la democrazia in generale. In questo senso, potrebbe aver cercato di mobilitare quei cittadini che sono ormai disaffezionati alla politica — l’astensionismo alle europee, anche se in calo rispetto alle tornate precedenti, è stato comunque del 48,5%, mentre alle scorse legislative aveva raggiunto il picco storico del 53,2% —, ma che, allarmati dalla prospettiva di un governo di estrema destra, potrebbero tornare ad esprimersi a favore del suo partito centrista. Nuove elezioni implicano infatti la formazione di un nuovo governo, il cui Primo ministro sarà nominato da Macron e verosimilmente proverrà dal partito con il maggior numero di seggi ottenuti.
I possibili scenari elettorali
Il miglior scenario possibile dal punto di vista del Presidente è, chiaramente, quello di vincere la scommessa, riconquistando la maggioranza in Parlamento che aveva perso alle scorse elezioni legislative. Tuttavia, il risultato non appare così scontato. Il semplice richiamo ai valori democratici e repubblicani potrebbe infatti non essere sufficiente a contrastare un partito che è ai suoi massimi storici, peraltro in un momento in cui l’estrema destra è ormai normalizzata in tutta Europa.
In effetti, i sondaggi elettorali danno il RN in testa, e i suoi membri sono convinti di potere ottenere la maggioranza assoluta, che richiede 289 seggi sui 577 totali. Se questo accadesse, il nome più quotato per ricoprire la carica di Primo ministro sarebbe quello di Jordan Bardella, il ventottenne considerato l’astro nascente del partito, a cui Le Pen cederebbe volentieri il posto, essendo più interessata a prepararsi — per la quarta volta — alla competizione per le prossime elezioni presidenziali, che si terranno nel 2027. La concretizzazione di questo scenario darebbe vita ad un governo di coabitazione, cioè un governo di una corrente politica diversa da quella del Presidente, di cui la Francia ha già fatto esperienza altre tre volte in passato. In tutti quei casi, il Primo ministro non ha avuto vita facile alla prova di governo, ed è questo elemento, secondo alcuni analisti, che potrebbe costituire l’altro lato della scommessa di Macron: utilizzare la possibile vittoria del RN come un mezzo per dimostrare che l’estrema destra, una volta al governo, non sarà all’altezza del compito richiesto. Se questo fosse il suo secondo migliore scenario possibile, si tratterebbe di un vero azzardo, dato che il RN si è fino ad ora dimostrato piuttosto disciplinato all’opposizione. Qualora il RN ottenga invece solo la maggioranza relativa, potrebbe cercare l’alleanza con altri partiti per arrivare comunque al governo, anche se i quadri del partito non si sono mostrati così aperti a questa possibilità.
Visti i deboli risultati elettorali raggiunti dai partiti di sinistra, che, pur restando tra loro profondamente divisi, si sono riuniti in un Fronte popolare per cercare di frenare l’avanzata dell’estrema destra, è scarsamente probabile che essi possano ottenere la maggioranza assoluta. Perciò, il terzo scenario che ci si può attendere è che i voti non portino alla definizione di alcuna maggioranza chiaramente definita. Questa situazione renderebbe la formazione di un nuovo governo piuttosto complicata, poiché Macron si troverebbe davanti all’arduo compito di individuare un Primo ministro che possa essere gradito ad un Parlamento praticamente spaccato. In questo caso, quindi, è verosimile che Macron ricerchi delle alleanze con il centrodestra o il centrosinistra, senza che ciò apporti reali cambiamenti rispetto alla situazione antecedente la decisione di sciogliere l’Assemblea. Certo è che, anche di fronte ad un eventuale caos parlamentare, un nome andrà necessariamente trovato, poiché, secondo i dettami della Costituzione, l’Assemblea non potrà essere sciolta prima di un altro anno.
Quali implicazioni per un governo di coabitazione
Qualora il RN dovesse effettivamente ottenere la maggioranza assoluta e si formasse quindi un governo di coabitazione, la politica francese potrebbe subire sconvolgimenti non indifferenti, a causa del fatto che il potere esecutivo si troverebbe condiviso tra due figure — il Primo ministro e il Presidente della Repubblica — appartenenti a due orientamenti politici diversi.
Anzitutto, sul piano interno si potrebbe assistere ad un impasse della politica macroniana. Privo di una maggioranza in grado di sostenerlo, per Macron sarebbe infatti impossibile portare avanti le proprie riforme e il suo ruolo sarebbe inevitabilmente ridimensionato.
Questo non significa però che la sua figura sarebbe ridotta “solamente” a quella di Capo di Stato, dato che nel sistema semipresidenziale francese, il Presidente della Repubblica mantiene comunque un ruolo centrale nella politica estera e di difesa. Ad ogni modo, la divisione dei poteri in politica estera non è così netta, e questo potrebbe rappresentare un problema per il ruolo della Francia in Europa e nel mondo. Sotto questo profilo, tre sono i palcoscenici cruciali.
Anzitutto, l’Unione Europea. Difensore del primato della sovranità nazionale su quella europea, il RN è associato ad un’opposizione al funzionamento attuale dell’Unione e spinge verso una limitazione delle sue competenze. In particolare, questo si traduce in un atteggiamento di denuncia verso l’ingerenza e le imposizioni di Bruxelles sul tema dell’immigrazione, da sempre uno degli argomenti più caldi per il partito. Un altro punto contestato in Europa è quello della transizione verde, con una ferma opposizione al Green Deal. Il possibile governo guidato da Bardella modificherebbe dunque radicalmente la posizione della Francia rispetto a questi temi, rischiando in alcuni casi di paralizzare il raggiungimento di compromessi in seno al Consiglio.
In secondo luogo, l’Ucraina. Da una parte si trova Macron, che, quando la guerra è scoppiata, intimava di non umiliare la Russia, ma ad oggi rappresenta invece uno dei più fermi alleati di Kiev, tanto da dirsi pronto a fornire supporto senza limiti, invio di truppe compreso; dall’altra, un partito che ha una lunga storia di legami con Mosca e ha mostrato una posizione piuttosto ambigua rispetto all’invasione russa. Un governo firmato RN potrebbe quindi mettere a rischio la politica francese di sostegno all’Ucraina.
Infine, gli Stati Uniti. Sebbene la posizione del partito sulla NATO sia stata di recente ricalibrata, facendo un passo indietro rispetto all’idea di abbandonare l’alleanza, di certo esso non brilla per particolare atlantismo. Inoltre, volgendo lo sguardo alle elezioni di novembre, potrebbe sperare in una discontinuità con la presidenza attuale, data la vicinanza a Donald Trump.
Il risultato di questa campagna elettorale — costruita in tempi record — non è ancora scritto, ma per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale l’estrema destra potrebbe seriamente andare al governo in Francia. I prossimi giorni saranno decisivi per capire quale direzione prenderà il Paese e quali cambiamenti ci si può attendere sul piano internazionale.