di Matteo Anfurio
La controversa legge sulle influenze straniere
Da giorni i cittadini della Georgia si sono riuniti a Tbilisi, Kutaisi ed in diverse altre città per manifestare il proprio dissenso nei confronti del Parlamento, che il 14 maggio scorso ha votato a favore per la controversa legge sulle influenze straniere. Infatti, in terza e ultima lettura, 84 deputati hanno espresso voto favorevole a tale provvedimento, mentre 30 si sono detti contrari; in breve, la legge prevede che qualsiasi associazione della società civile che riceva più del 20% dei propri finanziamenti dall’estero debba essere registrata amministrativamente come “organizzazione al servizio di una potenza straniera” e che “difende gli interessi stranieri”. In questo modo il governo potrebbe interferire con l’operato di molte organizzazioni ed associazioni, che avrebbero quindi minori possibilità di agire con maggiore autonomia. La legge impone ispezioni forzate, nuove responsabilità amministrative e multe molto salate per chi dovesse contravvenire a questo decreto.
La legge è stata fortemente voluta dal partito populista attualmente al governo, “Sogno Georgiano”, capeggiato dall’anti-occidentale Irak’li K’obakhidze, colpevole di perseguire un’agenda politica che secondo il parere di alcuni analisti è a dir poco ambigua). Di opposto avviso è la Presidente della Repubblica georgiana, Salomé Zourabishvili (di origine francese, già ambasciatrice a Parigi), contraria alla legge, la quale ha posto il veto. Entro due settimane dal 14 maggio dovrà rimandarla al Parlamento, con l’obbligo di proporre un testo alternativo che potrà essere accettato o rigettato in toto dall’Assemblea, senza la possibilità di una mediazione.
Dati e preoccupazioni
Al momento la Georgia si trova già al 103° posto nella nota riportata da “Reporter Senza Frontiere”, che classifica l’indice mondiale della libertà di stampa nel 2024, mentre Amnesty International riporta come la legge sia in contrasto con gli obblighi internazionali della Georgia sul rispetto dei diritti alla libertà d’espressione e di associazione. Anche l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, si è espresso in modo contrario alla legge sugli agenti stranieri, dicendosi preoccupato per la condizione dei manifestanti e dei cittadini georgiani che andrebbero inevitabilmente incontro a maggiori difficoltà di accesso a canali di lavoro, di associazione e di informazione libera. Ovviamente questo provvedimento allontanerebbe il Paese caucasico dall’Unione Europea, come ha ribadito il Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, lo scorso 16 aprile.
Il punto di vista di Tamari
Tamari è una ragazza georgiana, di Tbilisi, che ho conosciuto durante la mia permanenza studio Erasmus in Repubblica Ceca. Dopo aver sentito ciò che stava accadendo nel suo Paese, ho deciso di scriverle e capire quale fosse la sua visione e quella dei georgiani riguardo la legge sulle influenze straniere, allo scopo di condividere la loro storia e la loro prospettiva.
La legge georgiana sulle influenze straniere, mi dice, assomiglia molto a quella che nel 2012 era entrata in vigore in Russia, motivo per cui i più critici la chiamano comunemente “legge russa”. Il Cremlino, da parte sua, ha negato su tutta la linea, dichiarando si tratti di “un affare interno alla Georgia” e di non aver interferito in alcun modo con la discussione della legge in Parlamento; Dmitry Peskov, il portavoce del Presidente russo ha inoltre attaccato coloro i quali, a suo dire, accusano di ingerenza la stessa Mosca ed il governo di Vladimir Putin.
In Russia, tale provvedimento ha creato un “completo disordine” e da molto tempo a nessun media è permesso esprimere opinioni dissonanti o contrarie a quelle del governo centrale.
La popolazione in piazza
Da quanto mi riporta Tamari, questa normativa non viene accettata dalla maggior parte della popolazione, tanto che moltissimi sono scesi in piazza nelle ultime settimane per protestare ed esprimere il loro dissenso per la direzione del governo georgiano (si stimano circa 50.000 persone al giorno). In questo senso, per permettere che i giovani studenti possano prendere parte alle manifestazioni, alcune università, tra cui anche quella presso cui Tamari studia, hanno deciso di rimanere chiuse e non permettere l’erogazione delle lezioni perché “[ritengono] inaccettabile limitare in qualsiasi modo la libertà di espressione del personale accademico e degli studenti.” I manifestanti chiedono di avere la possibilità di accedere ad un livello di istruzione universitario pari a quello di molti atenei europei, un “ambiente che genuinamente si prenda cura del proprio sviluppo e benessere”, e sanzioni per coloro i quali li stanno distanziando sempre di più dalla comunità europea e che stanno tornando tra le braccia di Mosca.
Chi protesta ha in mente i passi avanti fatti con fatica negli anni verso Bruxelles – la Georgia ha infatti ottenuto lo status di candidato nel dicembre 2023 – e ha intenzione di fare tutto ciò in proprio potere per far in modo che Tbilisi si aggiunga alle altre 27 capitali che compongono l’Unione Europea il più presto possibile. Secondo le linee guida europee, infatti, la Georgia dovrà dimostrare, entro l’ottobre 2024, di aver varato riforme per adeguarsi ad una serie di requisiti in vari campi, tra cui la lotta alla corruzione, la trasparenza, la libertà di espressione e la fine del potere degli oligarchi.
Inoltre, Tamari mi fa presente che, come rappresaglia alle manifestazioni pacifiche, le forze speciali hanno iniziato una campagna di arresti e di telefonate minatorie, indice di una già terribile situazione nel Paese; molte delle persone che conosce sono già state raggiunte da queste chiamate e ha paura che ciò possa accadere anche a lei. Ma dopotutto rimane positiva; pensa che le forze speciali si stiano limitando alle telefonate per spaventare la popolazione, in quanto manchino le capacità effettive della polizia per attuare misure più repressive. In risposta a ciò, il numero dei manifestanti è cresciuto a dismisura e tutti sperano che il volere del popolo si faccia sentire di nuovo, proprio come era successo un anno fa, quando la proposta di legge si era fermata a causa di simili proteste.
I partecipanti alle manifestazioni la prendono con filosofia e talvolta recitano alcuni slogan divertenti: “Sono più spaventato della ciabatta lanciata da mia nonna che da te” e “Mio marito non ha nemmeno paura di me, come puoi spaventarlo con lo spray al peperoncino?”, entrambi rivolti alla polizia e alle sue pratiche tipiche per disperdere la folla. Uno invece fa diretto riferimento alla Russia: “La gente vola su Marte, pensi che io sia così pazzo da voler andare a Mosca?”.
Conclusione
La situazione in Georgia si è fatta molto calda e le manifestazioni sono un segnale positivo del grande attivismo politico della popolazione georgiana, tra chi ha paura di tornare a vivere come faceva nel periodo sovietico e tra chi sogna ardentemente l’ingresso del proprio Paese in Europa.
La voce di Tamari è come quella di tante altre ragazze e ragazzi in Georgia; per lei “l’Europa è libertà, prosperità e sicurezza, un luogo in cui tutti possono esprimere liberamente la propria opinione. La coesistenza pacifica e armoniosa di culture e tradizioni diverse, il rispetto dei diritti altrui e l’opportunità di studiare nelle migliori università europee rendono l’Europa unica per me.”
Non solo giovani, tendenzialmente più proiettati verso l’Occidente, ma persone di tutte le età si sono incontrate in strada e hanno preso parte e continueranno a prendere parte alle proteste, almeno fino a quando la loro voce non sarà finalmente ascoltata.