di Gabriele Loiodice
Per quale motivo la Guayana Esequiba è importante?
Il quadrante geopolitico in cui la Guayana Esequiba è situata, ossia la cosiddetta Amazzonia caraibica, è una regione notoriamente ricca di idrocarburi, in cui il Venezuela ha costituito per decenni il paese guida in questo campo. La regione contesa tra Venezuela e Guyana si estende tra i fiumi Essequibo e Cuyuni, e i mari che lambiscono le sue coste sono preziosi per le risorse energetiche che sommergono e per la posizione strategica sul Mar dei Caraibi. Ad oggi la Guayana Esequiba — territorio che costituisce i due terzi della Guyana — è molto rilevante non solo per la recente scoperta del petrolio, ma anche per la ben nota presenza di minerali preziosi, tra cui oro, diamanti, ferro, rame, alluminio, uranio, bauxite e manganese. La ricchezza del suolo e del fondale, unita alle necessità strategiche, hanno fatto di questo territorio conteso un terreno di attrazione e scontro per le grandi potenze.

La sfida tra vecchi e nuovi petrostati: Venezuela e Guyana
All’inizio degli anni Duemila il presidente Hugo Chavez decise di sfruttare le floride riserve della Orinoco Oil Belt come strumento per l’influenza e l’autonomia politica, nazionalizzando i progetti statunitensi, affidati alla PDVSA. Tuttavia, la posizione antiamericana del Venezuela provocò naturalmente l’inimicizia degli Stati Uniti, i quali avviarono sanzioni che, combinate a un crollo dei prezzi del petrolio tra il 2013 e il 2014, provocarono l’inizio della pesante crisi economica che tuttora affligge il Venezuela.
La scoperta dei giacimenti al largo delle acque della Guayana Esequiba nel 2015 ha portato Caracas ad avanzare nuove pretese sulla regione e sulla zona economica esclusiva (ZEE) relativa. Nel giugno 2015 la Marina venezuelana — dopo aver intercettato navi esplorative della Exxon per due anni — ha dichiarato una zona integrale di difesa nella regione marittima contesa. L’indizione del referendum del 3 dicembre, rivela il desiderio di Caracas di non permettere la nascita di un competitor petrolifero e strategico, e segna la necessità di appropriarsi di nuove risorse per rianimare un mercato energetico agonizzante. Dal punto di vista interno, il referendum è considerato da molti come un mezzo per distrarre l’attenzione pubblica dai problemi domestici, oltre che per accrescere (con un eventuale successo) la popolarità di Maduro in vista delle elezioni del 2024.

La Guyana per gran parte della sua storia recente è sempre stata etno-politicamente isolata. Nel 1977, in particolare, in seguito all’espansione delle proprie acque territoriali a danno del Venezuela, il Paese fu espulso dall’OAS, per farvi ritorno solo nel 1991. Negli anni Novanta, Washington si avvicinò nuovamente a Georgetown tramite Exxon Mobil, compagnia che ottenne diversi contratti per l’esplorazione dei giacimenti petroliferi. Nel 2015 la Exxon ha trovato notevoli riserve di idrocarburi nello Stabroek Block, nella ZEE guyanese al largo della Guayana Esequiba. Il Paese è sempre più controllato dalle compagnie occidentali e la completa inferiorità delle proprie forze rispetto a quelle venezuelane lo rende visibilmente svantaggiato e totalmente dipendente dal supporto statunitense.
La pigrizia strategica del Brasile
Geostrategicamente la Guyana è una regione importante per il Brasile poiché, come affermato dai geopolitologi brasiliani Mario Travassos e Carlos Meira Mattos, serve a proiettare potenza verso i Caraibi, i Paesi del nord dell’America latina e i porti del Golfo del Messico. Tuttavia, la presenza brasiliana in questo quadrante non è mai stata preponderante, poiché i paesi non ispanofoni occupano poco rilievo nella politica brasiliana a causa della loro identità caraibica e dei loro legami con i vecchi colonizzatori. Il presidente Lula si è rivelato piuttosto attivo nella regione: sono aumentati i rapporti bilaterali tra Guyana e Brasile, attraverso la costruzione di ponti e autostrade, e dalla collaborazione contro il traffico di droga. Il progetto più rilevante è sicuramente la diga sul fiume Mazaruni, situato proprio nella Guayana Esequiba. L’iniziativa nasce nel 2004, su proposta della Guyana, e l’accordo per la costruzione è stato firmato nel 2013 sulla base di un più ampio progetto brasiliano di cooperazione energetica in Amazzonia.
È importante osservare che tale progetto non ha conosciuto significativi progressi, finora. Bisogna infatti considerare che il Brasile ha spesso impiegato decenni per completare importanti progetti edilizi. Tuttavia, un fattore che non può essere ignorato è il rispetto che Brasilia ha per la tradizionale influenza del Venezuela in questa regione. All’inizio degli anni Duemila i presidenti Chavez e Lula condividevano l’idea integrazionista del continente sudamericano oltre che alla visione multipolare del sistema internazionale. Il Venezuela ha supportato per anni la candidatura del Brasile a un seggio nel Consiglio di Sicurezza, e il Brasile si è quasi sempre astenuto dalle dispute del proprio vicino.
In seguito al referendum del 3 dicembre, Caracas ha schierato diversi contingenti al confine con la Guyana. Il Brasile ha reagito spendendo poche centinaia di unità contro il Venezuela. Dati i buoni rapporti tra i due stati ciò può sembrare illogico, ma la spiegazione è di tipo tattico: un’eventuale invasione della Guayana Esequiba da parte dell’esercito venezuelano dovrebbe avvenire dal sud della regione, e quindi dal territorio brasiliano. Il confine occidentale del Venezuela è, infatti, il terreno peggiore per un’invasione di terra, a causa di importanti corsi d’acqua immersi nella fittissima foresta pluviale; al contrario, il confine con il Brasile presenta un terreno più agibile per le truppe. Lo schieramento di poche unità brasiliane segnala soltanto la necessità per Brasilia di salvaguardare il proprio territorio, la stabilità dei confini e lo status quo regionale.
L’iperattivismo delle grandi potenze: Stati Uniti, Cina e Russia
Il sorgere della disputa tra Venezuela e l’allora Guiana britannica sulla Guayana Esequiba nel 1895 fu l’occasione ideale per gli Stati Uniti di intervenire nel Mar dei Caraibi. La Dottrina Monroe del 1823 stabiliva il principio di non interferenza delle potenze europee nell’Emisfero occidentale e il corollario Olney venne ideato proprio per rendere Washington il mediatore della controversia. La ragione non fu cacciare gli Europei dall’emisfero americano, bensì la necessità di porsi come egemone nel Mediterraneo americano, seguendo i suggerimenti dell’ammiraglio Mahan in vista della costruzione del Canale di Panama. Gli Stati Uniti risolsero infatti la questione nel 1899 in favore dell’Impero britannico, con l’obiettivo di costruire la special relationship che avrebbe garantito loro il dominio emisferico. Il concetto strategico elaborato da Spykman di difesa emisferica, ha spinto gli Stati Uniti dal secondo dopoguerra ad oggi al mantenimento della propria influenza sulla costa settentrionale del Sudamerica, combattendo con tutti i mezzi la penetrazione di potenze rivali.
La presenza dei giacimenti di idrocarburi aggiunge ulteriore importanza alla regione per gli Stati Uniti, i quali si sono sempre incaricati della gestione più o meno indiretta del settore energetico sudamericano attraverso le proprie aziende. In seguito all’allontanamento da Caracas, gli Stati Uniti si sono impegnati nella ricerca di un nuovo partner energetico, individuato nella vicina e altrettanto ricca Guyana. Il paese rientra anche nella Caribbean Basin Security Initiative (CBSI), condotta dagli Stati Uniti come assistenza per combattere il traffico di droga nella regione, obiettivo che figura nella National Security Strategy (NSS) del 2017. Intenzionalmente o no, la politica statunitense di “guerra alla droga”, portata avanti a partire dagli anni ’80 nell’emisfero occidentale, ha assicurato un pretesto permanente per la sua azione militare nei paesi dell’America Latina.

La Cina è coinvolta nella regione da quando, nel 1994, divenne importatore netto di idrocarburi e pertanto iniziò a cercare tali risorse all’estero. La costa settentrionale del Sudamerica, in particolare il Venezuela, divenne l’obiettivo principale in questo senso. All’inizio degli anni Duemila, con l’avvento della rivoluzione bolivariana, il Venezuela accolse di buon grado la Cina come partner alternativo agli Stati Uniti. Nel 2007 i paesi firmano accordi di investimenti e prestiti, secondo la formula loans for oil. La crescente presenza cinese in Sudamerica è naturalmente legata al progetto geopolitico della Belt and Road Initiative (BRI), volta a guadagnare l’influenza preponderante della Cina fuori dall’emisfero d’appartenenza. Dopo il crollo dei prezzi del petrolio nel 2013 e la conseguente crisi economica in Venezuela, Pechino ha ristretto la cooperazione con Caracas, senza tuttavia rinunciarvi per la comune rivalità con gli Stati Uniti.
L’azione cinese si è pertanto espansa anche in Guyana, specialmente dopo la scoperta del petrolio nel Paese. Dal 2018 la Cina ha incluso Georgetown nella BRI e la China National Offshore Oil Corporation è l’unica compagnia non occidentale a partecipare nel consorzio petrolifero guyanese, con una quota del 25%. In questa regione (e non solo) Pechino dimostra una certa timidezza strategica, non perseguendo gli obiettivi revisionisti annunciati, e astenendosi da questioni politiche, come la disputa sulla Guayana Esequiba.
La Russia, al contrario, vantando una secolare partecipazione nelle dinamiche della competizione di potenza, si dimostra un partner strategico più affidabile per Caracas. La Federazione Russa condivide con il Venezuela l’antiamericanismo e la fede nel multipolarismo. Per questo motivo Mosca si è impegnata nello stringere accordi petroliferi e militari con Caracas, diventando il principale fornitore di armamenti della Repubblica Bolivariana. Nonostante il crescente isolamento politico e le numerose difficoltà interne del Venezuela, Mosca rimane un fedele partner, così da garantire la propria presenza nel cortile di casa degli Stati Uniti. Il referendum del 3 dicembre 2023 è stato accolto favorevolmente in Russia, poiché l’innalzamento delle tensioni nel fragile quadrante caraibico è un’occasione per creare perturbazioni nell’emisfero americano.
Conseguenze del rinnovato interesse per la Guayana Esequiba
La disputa territoriale sulla Guayana Esequiba è sicuramente ancora lontana dall’essere risolta, a causa degli innumerevoli interessi strategici contrastanti tra gli attori coinvolti. L’incontro avvenuto il 14 dicembre 2023 a Kingstown tra il presidente Maduro e il suo omologo guyanese Irfaan Ali, ha portato a un prevedibile accordo sul non impiego della forza nella regione. Il Venezuela è vittima del dilemma della sicurezza: Caracas non vuole essere schiacciata dalla presenza statunitense e pertanto vorrebbe espandersi a danno della Guyana, ma non è preparata per un’invasione di terra che potrebbe causare l’inasprimento della già robusta opposizione internazionale. Georgetown deve fare invece i conti con il dilemma delle alleanze, in quanto — consapevole della sua totale dipendenza da Washington — non ha la certezza di quanto i suoi partner siano disposti a rischiare per proteggerla. Per questo motivo, seppur solo momentaneamente, il mantenimento dello status quo sembra la migliore soluzione per tutti gli attori coinvolti nella regione.