di Serena Denaro

La minaccia nucleare proveniente dalla Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC) costituisce una preoccupazione crescente per la sicurezza regionale asiatica, che già si trova a fronteggiare l’espansione militare ed economica di una Cina sempre più assertiva. Per questo motivo, l’amministrazione Biden sta concentrando i propri sforzi nel tentativo di espandere l’alleanza con i paesi dell’indo-pacifico, mirata a rafforzare la cooperazione e la diplomazia. In particolare, il Presidente americano ha dato grande importanza ai rapporti con il Primo Ministro giapponese Fumio Kishida e il Presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol, impegnandosi nella costruzione di una coalizione regionale che possa garantire la sicurezza e assicurare la prosperità nella regione.

L’intesa Washington-Seoul vis-à-vis a Pyongyang: nata dalla guerra e fiorita nella pace

Per la prima volta dall’inizio degli anni Ottanta, gli Stati Uniti e la Corea del Sud hanno concordato il dispiegamento di sottomarini americani dotati di armamenti nucleari per pattugliare le acque sudcoreane. L’accordo di deterrenza tra Joe Biden e Yoon Suk Yeol, che ha preso il nome di Dichiarazione di Washington, si propone di estendere e rinforzare l’ombrello securitario vis-à-vis alla minaccia nucleare nordcoreana. La decisione di espandere l’alleanza indica chiaramente che i tentativi di trovare una soluzione diplomatica con il leader nordcoreano Kim Jong Un si trovano ad un punto morto. Nonostante gli sforzi diplomatici, Pyongyang ha intensificato la frequenza dei test missilistici, dimostrando la sua determinazione nel perseguire la propria agenda nucleare. Per farvi fronte, l’accordo tra Washington e Seoul prevede un’ampia serie di misure volte a migliorare l’addestramento congiunto, a definire strategie coordinate tramite l’istituzione di un gruppo consultivo nucleare e la condivisione di informazioni circa i piani operativi. Inoltre, incontri bilaterali periodici tra i capi di Stato permetteranno una gestione efficace di potenziali scenari di crisi. Biden ha definito questa alleanza come “il perno della sicurezza e della prosperità regionale”.

Fonte: Reuters

Un’altra Corea nuclearizzata?

All’inizio dell’anno, dopo un numero record di test missilistici nucleari sperimentati dalla RPDC, il presidente sudcoreano Yoon ha rilanciato il dibattito circa il potenziale sviluppo di armi nucleari proprie o il dislocamento di quelle americane nella penisola. In seguito all’acquisizione da parte di Pyongyang di ICBM, che oggi espone gli Stati Uniti al rischio concreto di un attacco nordcoreano oltreoceano, si è temuto che Washington potesse riconsiderare il proprio impegno nella difesa incondizionata di Seoul. Affermazioni critiche riguardo la natura della deterrenza americana sono state rilasciate anche da Robert Soofer, ex vice Segretario alla Difesa per le politiche di difesa nucleare e missilistica degli Stati Uniti: “Avere le capacità nucleari per colpire la Corea del Nord è solo una parte dell’equazione della deterrenza: gli Stati Uniti devono anche convincere l’avversario di avere la volontà di usare queste armi di fronte a una ritorsione nucleare“. Ciò su cui i sudcoreani si interrogano non sono le capacità tecniche, quanto la volontà politica di Washington nell’effettiva difesa dell’alleato. Di fronte all’eventualità di un possibile abbandono da parte degli Stati Uniti, potenziare le proprie difese diviene un fattore cruciale per preservare la sicurezza nazionale.

Fonte: AGI

Quali sarebbero le conseguenze di una scelta simile?

La parità nucleare nel continente asiatico non è, tuttavia, garanzia di sicurezza. Nel caso del Pakistan e dell’India, ad esempio, non ha impedito l’avventurismo o le provocazioni di entrambe le parti. La decisione della Corea del Sud di dotarsi di un arsenale nucleare violerebbe innanzitutto gli impegni assunti con la comunità internazionale mediante il Trattato di Non Proliferazione (TNP) al quale il Paese aderisce fin dal 1975. Qualora decidesse di ritirarsi da tale accordo per perseguire l’obiettivo di diventare una potenza nucleare, andrebbe incontro a severe sanzioni internazionali che indebolirebbero la sua economia e danneggerebbero l’immagine del Paese come mediatore negli affari globali, un ruolo che la Corea del Sud ha portato avanti con successo grazie al proprio posizionamento nello scacchiere internazionale. Il ruolo di media potenza ha permesso a Seoul di agire da intermediario e facilitare il dialogo tra le grandi potenze, svolgendo funzioni chiave sia nella promozione della stabilità regionale, sia nella cooperazione internazionale di fronte a sfide globali quali il cambiamento climatico, il terrorismo e, per l’appunto, la non-proliferazione nucleare.

Una Corea del Sud dotata di testate nucleari, sommata ad una solida alleanza di sicurezza con Washington, non solo metterebbe in allarme vicini imprevedibili come la Cina, ma incentiverebbe altri paesi, tra cui Giappone e Iran, a sviluppare a loro volta armamenti nucleari. La convergenza di questi fattori potrebbe facilmente condurre ad un’escalation pericolosa nella regione. Alla luce di queste considerazioni, non è scontato pensare che i benefici di una scelta così audace superino i costi.

Al di là delle speculazioni, gli Stati Uniti continuano a rassicurare gli alleati circa la risolutezza del loro impegno nella regione. Infatti, una proliferazione incontrollata non farebbe che mettere a rischio l’architettura securitaria a guida americana. La gestione e il controllo delle armi nucleari, almeno per il momento, rimarrà salda sotto l’autorità degli Stati Uniti. L’augurio del Presidente Joe Biden è che l’accordo con i sottomarini possa convincere i sudcoreani a rinunciare alle proprie velleità nucleari. In tal senso, la Dichiarazione sancisce la volontà di mantenere inalterato lo status della Repubblica di Corea di potenza non-nucleare, ribadendo l’impegno degli Stati Uniti a mantenere il monopolio sulle armi atomiche.

Quo vadis?

L’accordo di Washington-Seoul per il dispiegamento di sottomarini americani nelle acque sudcoreane rappresenta un importante passo verso la creazione di una coalizione regionale per difendere la sicurezza nell’Indo-Pacifico. Il Presidente sudcoreano ha orientato la strategia di difesa verso un maggiore dispiegamento delle forze, assumendo una linea ben più decisa e intransigente rispetto al suo predecessore Moon Jae-in. Inoltre, in occasione del settantesimo anniversario dell’alleanza tra Stati Uniti e Repubblica di Corea, i due Presidenti hanno stilato una dichiarazione congiunta con l’intento di approfondire la partnership in innumerevoli ambiti, inclusa la formazione di un fronte comune per perseguire una più stringente politica sanzionatoria nei confronti di Mosca. Lo stesso avviene sul versante dell’alleanza con il Giappone, nel tentativo ambizioso di consolidare il trilatero securitario. Nei prossimi giorni, Biden ospiterà anche il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. per un colloquio presso lo Studio Ovale, nella speranza di aggiungere un nuovo tassello al mosaico geostrategico nell’indo-Pacifico.

Kim Yo-jong Fonte: Corriere della Sera/Korean Central News Agency/Korea News Service via AP

Nuclear Hazard: la deterrenza secondo Kim Yo Jong

Non sorprende che questo ulteriore avvicinamento abbia suscitato reazioni negative da parte di Pyongyang, che ha definito l’accordo una dimostrazione di “ostilità estrema” nei confronti del Paese. Anche le recenti dichiarazioni di Kim Yo Jong, sorella del Leader supremo, non lasciano spazio a equivoci: “Più i nemici dispiegano mezzi nucleari nelle vicinanze della penisola coreana, più forte diventerà l’esercizio del nostro diritto all’autodifesa in modo direttamente proporzionale”. Tali affermazioni, che sembrano estrapolate da un manuale di teorie dei giochi, testimoniano come la Corea del Nord sia pronta a intensificare la deterrenza nucleare e la portata dei test missilistici senza curarsi della pericolosità di un azzardo nucleare di ampia portataFonte copertina:

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