di Matteo Anfurio
Il termometro geopolitico dell’Asia orientale non è forse mai stato così caldo come in questo ultimo periodo. Grazie al loro sviluppo economico e al loro soft power, i paesi dell’Asia pacifico hanno ormai reso questa regione la più importante del mondo. Non tutti questi Stati però operano per un fine comune. Bensì hanno interessi contrapposti e contraddittori.
La tensione in Asia orientale si è fatta sempre più alta con le pressioni cinesi sull’isola di Taiwan e con il lancio di missili balistici dalla Corea del Nord. Già da un paio di decenni, gli Stati Uniti hanno iniziato ad interessarsi con maggior vigore per questa specifica regione del globo, ponendola al primo posto nella propria agenda di politica estera come dimostra l’istituzione del Dialogo quadrilaterale di sicurezza (QUAD) tra Stati Uniti, Giappone, Australia e India e del Patto di sicurezza trilaterale tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia (AUKUS). Com’era prevedibile Russia, Corea del Nord, ma in particolar modo la Repubblica Popolare Cinese ossia il “rivale strategico” statunitense, si sono sentiti di fatto rinchiusi tra le proprie mura di casa e hanno cercato in tutti i modi di spezzare “l’accerchiamento” imposto.
Ciò che allarma maggiormente Washington è il progresso nordcoreano in materia tecnologica per quanto concerne la costruzione di missili balistici e di testate nucleari, alcune delle quali hanno una gittata tale da poter colpire il territorio statunitense e che quindi hanno un forte fattore di destabilizzazione su tutto il teatro indopacifico. Infatti, da quando Kim Jong-Un è salito al potere, il numero di test missilistici è aumentato esponenzialmente e sembra non fermarsi.

Freedom Shield: lo scudo della libertà
I lanci di missili balistici di fattura nordcoreana nel mare del Giappone non sono mai cessati, ma la situazione sembra stia peggiorando da quando Stati Uniti e Corea del Sud hanno avviato un programma di esercitazioni militari congiunte nei primi giorni dello scorso marzo, tra le più grandi avvenute negli ultimi 5 anni. La durata di queste esercitazioni militari, rinominate Freedom Shield (FS), è stata di 10 giorni e ha compreso anche uno sbarco anfibio su larga scala – che secondo le alte gerarchie della Corea del Nord può essere considerato come una vera e propria simulazione di invasione sul loro territorio. La missione FS inoltre integra elementi di esercitazioni dal vivo con simulazioni costruttive che prevedono una possibile invasione del Nord verso il Sud, permettendo ai militari di potersi esercitare a rispondere a qualsiasi tipo di attacco.

Washington e Seoul hanno ricordato come le esercitazioni militari sono portate avanti esclusivamente per motivi di “autodifesa e sono necessarie per contrastare la crescente minaccia dei programmi di missili balistici e di armi nucleari della Corea del Nord, vietati dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”, come riporta il Japan Times. Come segno di protesta, Pyongyang ha risposto lanciando due missili strategici da un sottomarino nel Mar del Giappone e, tramite un comunicato stampa, il viceministro degli affari esteri Kim Son Gyong ha definito il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres “ingiusto e silente” riguardo la situazione in questa regione.
I “fratelli maggiori” della Corea del Nord
A prendere le parti dello Stato di Kim Jong-Un ci sono la Cina e la Russia che hanno stretto ulteriormente i rapporti con il leader nordcoreano, auspicandone alcuni anche sul versante militare. Pechino è interessata a fermare al più presto le esercitazioni congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud per “mantenere la calma e fare di più per favorire la pace e la stabilità nella penisola coreana” – come riportato del portavoce del Ministero degli Esteri, Wang Wenbin, in un comunicato stampa. Wenbin ha inoltre accusato la Casa Bianca di non aver accettato le cosiddette “misure di denuclearizzazione” di Pyongyang, ma anzi di aver aumentato la pressione sulla Repubblica Popolare Democratica della Corea.
Per quanto riguarda Mosca, l’ambasciatore russo Alexandr Ivanovich Matsegora ha dichiarato la vicinanza alla Cina e alla Repubblica Popolare di Corea contro l’ordine globale imposto dagli Stati Uniti. Un’affermazione enunciata in corrispondenza del 74esimo anniversario dell’accordo di cooperazione economica e culturale tra la Russia e la RPDC.
Il portavoce della sicurezza nazionale statunitense, John Kirby, ha affermato che la Russia sta cercando “in maniera attiva” nuove armi e munizioni provenienti dal canale nordcoreano, in cambio di cibo proveniente da Mosca. Uno scambio “alla pari” proposto proprio quando la Corea del Nord sta attraversando un periodo molto duro di carestia e la Russia necessita di ulteriori rifornimenti per il proprio esercito su territorio ucraino.
La creazione di un “asse” Washington-Tokyo-Seoul
Successivamente, il 3 aprile sono iniziate anche le esercitazioni militari antisommergibile tra USA, Giappone e Corea del Sud. Le esercitazioni, della durata di due giorni, sono state necessarie per coordinare in modo efficiente le marine dei tre Paesi nell’eventuale incursione nordcoreana verso Seoul e dintorni. Esse sono avvenute in acque internazionali a sud dell’isola sudcoreana di Jeju e hanno coinvolto un gruppo d’assalto di portaerei statunitensi guidato dalla USS Nimitz. Queste operazioni arrivano in un momento in cui si sono ripresi i canali diplomatici tra Giappone e Corea del Sud, dopo 12 anni di chiusura tra la seconda e la terza economia dell’Asia orientale. L’asse Washington-Tokyo-Seoul spaventa Pechino, che si è opposta ad un «circolo chiuso ed esclusivo di Paesi individuali». Il 23 marzo – giorno in cui si è conclusa l’esercitazione Freedom Shield – il ministero della Difesa nazionale sudcoreano, guidato dal generale Suh Wook, ha annunciato che in giugno riprenderanno altre operazioni militari congiunte tra USA e Corea del Sud in nome dei 70 anni di amicizia e di cooperazione che legano i due Paesi.

L’aspetto più allarmante di tutta questa vicenda forse è quello che riguarda la non risposta della Corea del Nord alla chiamata di routine sulla hotline militare tra i due Paesi della penisola coreana. Yonhap, una delle più importanti agenzie di stampa di Seoul, ricorda come “entrambi i Paesi dovrebbero effettuare le chiamate due volte al giorno attraverso le hotline di collegamento militare stabilite lungo il confine, ma la Corea del Nord ha smesso di rispondere alle chiamate dalla Corea del Sud” da circa una settimana (nel momento in cui si scrive). Questa fase di silenzio avviene proprio quando il think tank statunitense “38 North” è riuscito a mostrare attraverso alcune immagini satellitari un aumento delle attività nel principale sito nucleare della Corea del Nord, che potrebbe dimostrare come nel sito di Yongbyon un reattore nucleare ad acqua leggera (ELWR) sia prossimo al completamento e al passaggio allo stato operativo.
Le esercitazioni Freedom Shield conclusesi lo scorso marzo non hanno fatto che dare inizio ad uno stato di alta (se non altissima) tensione in Asia orientale, mentre Cina, Russia e Corea del Nord “fanno quadrato” contro le minacce rappresentate dal fronte composto dagli Stati Uniti e dai suoi alleati nella regione indopacifica, diventata ormai vitale per gli interessi geostrategici di tutti gli attori in gioco.
Immagine in copertina: EurAsian Times