Written By Redazione
Categories:

di Alice Ferrari

Brasilia, domenica 8 gennaio 2023. Qualche migliaio di sostenitori di estrema destra dell’ex Presidente Jair Bolsonaro ha preso d’assalto il parlamento, il Tribunale supremo federale e il palazzo presidenziale. I tre edifici, rappresentativi della democrazia, sono ubicati intorno alla denominata Plaza de los Tres Poderes.

L’attacco alle istituzioni democratiche è avvenuto a pochi giorni dall’ingresso al Palácio do Planalto, sede della Presidenza della Repubblica del Brasile, del nuovo Presidente, Luiz Inácio Lula da Silva. Lula da Silva si è insediato con una cerimonia pubblica il primo gennaio 2023, dopo aver vinto – seppur di misura – le elezioni del 22 ottobre precedente.

Le frange più radicali del bolsonarismo volevano rendere evidente agli occhi di tutti il fatto che le istituzioni non fossero più in grado di esercitare il potere in maniera democratica. Il loro obiettivo era quello di creare un clima di ingovernabilità e provocare così l’intervento dell’esercito, in un processo che un tempo veniva denominato “bussare alle porte delle caserme”.

Questo scenario ha riportato alla memoria quanto successo il 6 gennaio 2021 a Washington, quando i membri del movimento Make America Great Again con atteggiamento para-golpista attaccarono il Campidoglio.

A fronte delle violenze, la reazione del governo centrale brasiliano è stata straordinariamente decisa. Nel giro di poche ore le forze speciali hanno ristabilito l’ordine e portato all’arresto di circa millecinquecento persone accusate di terrorismo.

Il Brasile, un paese diviso in due

La Repubblica Federale del Brasile è la più grande economia latino-americana e uno dei paesi più potenti del mondo. Al tempo stesso, il Brasile è uno Stato caratterizzato da una fortissima polarizzazione politica e sociale.

Le elezioni presidenziali del 2022 hanno determinato una quasi parità tra i due principali avversari, Bolsonaro e Lula. Il leader del Partito dei Lavoratori ha avuto la meglio, ma il risultato elettorale di Bolsonaro è stato di gran lunga migliore rispetto a quanto i sondaggi predicessero.

Se Bolsonaro ha ottenuto un buon risultato elettorale lo si deve anche alla fedeltà delle chiese evangeliche pentecostali e neo-pentecostali, i cui valori conservatori – opposizione all’aborto, ai movimenti LGBT e al femminismo – trovano concretezza nell’offerta politica dell’ex Presidente. Le chiese evangeliche sono forti soprattutto laddove lo Stato fa fatica ad arrivare, come nelle favelas. Nelle aree periferiche delle metropoli, esse forniscono un sistema di welfare informale che permette ai nuovi convertiti di migliorare rapidamente e visibilmente le proprie condizioni di vita. Al tempo stesso, gli evangelici compiono un’importante opera di propaganda elettorale a favore di Bolsonaro e sono in grado di mobilitare politicamente e con grande efficacia i propri fedeli.

Di per sé il fatto che il Brasile sia un paese diviso in due non costituisce un problema. La questione è che Lula e Bolsonaro non si riconoscono legittimità reciproca, rendendo difficile la coesistenza. Bolsonaro ritiene infatti che Lula sia un «pericoloso comunista»; per Lula, Bolsonaro è un «pericoloso fascista». La polarizzazione vede protagonisti due attori che si posizionano agli antipodi dello spettro politico e il cui obiettivo primario è la sconfitta dell’avversario.

Jair Bolsonaro

Jair Bolsonaro, ex capitano dell’esercito e parlamentare a partire dagli anni Novanta, riuscì a conquistare la maggioranza dei voti alle elezioni presidenziali del 2019.

Il bolsonarismo ritiene di essere il vero rappresentante dell’identità nazionale. Per Bolsonaro, il popolo “puro” è costituito dal ceto medio istruito, che vive in modo relativamente agiato nelle aree moderne del centro-sud.

Il tentativo di golpe dell’8 gennaio si inserisce in un contesto di delegittimazione delle elezioni presidenziali che Bolsonaro aveva cavalcato da tempo. Infatti,in caso di sconfitta del Partito Liberale, quest’ultimo non avrebbe riconosciuto la vittoria dell’avversario.

A questo proposito è possibile ravvisare una somiglianza con la campagna messa in atto da Trump nel 2020. Sia Bolsonaro che Trump hanno fatto leva su temi «caldi», per cui interessi dei rispettivi elettorati sarebbero stati minacciati dall’offerta politica dell’avversario. Dal punto di vista socio-economico, Bolsonaro ha insistito sul fatto che le politiche ambientali di Lula sarebbero andate a toccare gli interessi dell’agro-business e delle attività minerarie; dal punto di vista morale, il leader di destra si è posto come difensore dei valori conservatori contro politiche a favore delle minoranze etniche o dei diritti sessuali non tradizionali.

Il 49.1 % degli elettori che ha votato per Bolsonaro lo ha poi fatto perché si è sentito tradito da Lula da Silva. Le inchieste per corruzione hanno generato un’ondata anti-politica che ha promosso la nascita di movimenti populisti come il bolsonarismo.

Lula da Silva

Lula da Silva è spesso considerato un simbolo della sinistra non solo in America Latina, ma nel mondo intero. Nel corso della campagna elettorale del 2022, egli ha più volte ribadito che avrebbe governato in nome di tutti, pur dando la priorità ai più poveri.

Lula da Silva aveva già ricoperto due mandati presidenziali consecutivi tra il 2003 e il 2011. In quegli anni, ha goduto di un tasso di popolarità altissimo: fu molto apprezzato per il suo impegno contro la deforestazione e per la sua attenzione ai temi sociali.

 Durante i suoi primi due mandati, egli si trovò a governare in un contesto particolarmente favorevole per il paese. Grazie all’aumento del prezzo delle materie prime, il Brasile ha conosciuto in quegli anni una rapida crescita economica. Dal punto di vista della politica internazionale, Lula è stato definito un leader pragmatico anche se talvolta è stato accusato di essere eccessivamente morbido nei confronti dei regimi che hanno abbandonato la democrazia e violato i diritti umani. Alla luce delle dichiarazioni che il Partito dei Lavoratori ha fatto negli ultimi anni è possibile affermare il suo forte sostegno al regime cubano, nicaraguense e venezuelano; inoltre, Lula ha mostrato una chiara simpatia per la Cina, il primo partner commerciale del Brasile.

A partire dal 2016, Lula è stato coinvolto in inchieste per corruzione. Egli è stato assolto nel 2021, riacquisendo i diritti politici perduti: in questo modo, ha potuto ricandidarsi per il suo terzo mandato alle elezioni del 2022. Spesso quello contro Lula viene definito un processo politico, anche a causa del fatto che il magistrato che condusse le indagini è poi diventato un «super ministro della giustizia» del governo Bolsonaro.

Le conseguenze dell’assalto alle istituzioni

Probabilmente, e paradossalmente, l’assalto agli edifici della democrazia non gioverà al bolsonarismo e ne altererà l’unità interna. Il tentativo di colpo di stato non è stato messo in atto dall’intero corpo elettorale che ha votato per il candidato di destra, ma solamente dai suoi sostenitori più radicali e ideologizzati.

Allo stesso modo, un sondaggio condotto dall’istituto di ricerca Quaest mostra che circa il 90% dei brasiliani condanna gli attacchi alle istituzioni democratiche; si tratta di una percentuale molto più ampia rispetto a quella dei semplici elettori di Lula.

Il fallimento del tentativo di colpo di Stato rafforza dunque il potere di Lula da Silva. La reazione del neo-eletto governo è stata esemplare e ha mostrato al mondo intero che il Brasile ha solidi anticorpi democratici. Se sarà in grado di sfruttare le occasioni aperte da questa importante vittoria, Lula potrà ampliare le proprie alleanze e conseguire effettivamente l’unità della nazione.

Seppur giunto al potere con una maggioranza esigua, gli eventi dell’8 gennaio hanno fatto sì che gran parte del paese e della politica si stringesse intorno a Lula. Molti uomini politici, un tempo distanti da lui, hanno iniziato ad ammorbidire le critiche nei suoi confronti per evitare di essere confusi con i golpisti. Mantenere un orientamento politico vicino a Bolsonaro è oggi ampiamente considerato «tossico».

Una delle più grandi sfide all’unità della nazione riguarda il dialogo con le chiese evangeliche pentecostali. Lula dovrà cercare di avvicinarsi dapprima alle frange più moderate degli evangelici, che costituiscono la minoranza, e poi cercare di rassicurare quelle più conservatrici.

Per quanto riguarda la galassia bolsonarista, si pensa che la pancia moderata del bolsonarismo possa staccarsi dal suo nucleo duro. Un esito di questo tipo è anche favorito dal fatto che Bolsonaro è finito nel mirino della giustizia, sospettato di aver fomentato dalla Florida quello che viene considerato come il più grave attacco alla democrazia dalla dittatura militare che durò dal 1964 al 1985. I moderati infatti sembrano non essere disposti a seguire Bolsonaro nel vortice della violenza. Verosimilmente essi inizieranno a cercare un leader alternativo da seguire, più moderato.

Dal canto suo, l’ex Presidente ha dichiarato che il movimento di destra non è morto e che a marzo avrebbe fatto ritorno in patria per guidare l’opposizione. Ad oggi, comunque, Bolsonaro si trova ancora negli Stati Uniti, dove si era ritirato subito dopo la sconfitta.

Condividi su:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *