di Serena Danaro

Situata a cavallo dei confini di Laos, Myanmar e Thailandia, la regione del Triangolo d’Oro, è nota per essere crocevia di produzione e traffico di droghe illegali, patria di banditi, narcotrafficanti, milizie etniche e regno dell’anomia. Oltre al tradizionale business dell’oppio, coltivato principalmente in Myanmar e trasformato in eroina per essere poi trasportato in tutto il mondo, è ormai la metanfetamina a dominare il mercato illegale. La più nota crystal meth (o “ice”) viene venduta principalmente in Nord America, Australia e Nuova Zelanda. L’altra faccia del mercato del Triangolo d’oro si esprime invece nel contrabbando di yaba – conosciuta anche come “droga della pazzia” – una combinazione di metanfetamina e caffeina consumata sotto forma di compresse, molto più accessibile per i consumatori asiatici. 

Situata a cavallo dei confini di Laos, Myanmar e Thailandia, la regione del Triangolo d’Oro, è nota per essere crocevia di produzione e traffico di droghe illegali.

Poiché Laos, Thailandia e Myanmar non dispongono di un’industria chimica adeguata alla produzione e la sintetizzazione della metanfetamina, a fornire materie prime è la Cina che, in questo modo, diviene a sua volta un tassello essenziale nel mosaico regionale, elevando lo Yunnan ad avamposto operativo per l’espansione cinese verso sud. I trafficanti del Sud Est Asiatico hanno dimostrato una forte capacità di adattamento, iniziando ad importare precursori chimici semi-legali, o completamente legali, in grado di transitare agevolmente via terra e via mare. Inoltre, grazie al progressivo ampliamento e miglioramento delle reti stradali avvenuto nell’ultimo decennio, i cartelli possono procurarsi più facilmente queste sostanze e, di conseguenza, espandere su larga scala il loro mercato.

Per capire come il Triangolo d’Oro sia diventato uno snodo mondiale del narcotraffico, è necessario fare qualche passo indietro fino alla rivoluzione cinese. Quando i comunisti di Mao Zedong trionfarono nel 1949, una delle priorità impellenti del nuovo governo era quella di eradicare il commercio dell’oppio, ormai retaggio ingombrante del colonialismo britannico. In seguito ad una brutale campagna di repressione, l’obiettivo – seppur ad altissimi costi umani – venne raggiunto. Tuttavia, i gangster che gestivano il business dell’oppio in Cina non scomparvero. Si limitarono a valicare il confine con il Myanmar, all’epoca Birmania, e installare ivi le loro attività per soddisfare la crescente domanda mondiale di eroina.

Gradualmente, questo commercio in espansione passò sotto il controllo dei signori della guerra. Tra i più famosi, Khun Sa, metà shan e metà cinese, scalò rapidamente i ranghi dello United Wa State Army (una forza guerrigliera antigovernativa locale), guidandolo in feroci scontri con gli eserciti regolari birmano e laotiano. Arrivò a controllare gran parte del commercio globale di eroina, tanto da meritarsi il soprannome di “Re dell’oppio“.

A partire dal 1979, dopo l’invasione sovietica in Afghanistan e l’avvio della coltivazione di papavero come canale di finanziamento da parte dei mujaheddin, i traffici del Triangolo d’Oro subirono una battuta d’arresto. A poco a poco, il mercato virò in favore di una nuova generazione di boss dell’eroina in quella che divenne celebre come Mezzaluna d’Oro, eclissando i competitor del Sud Est Asiatico. Negli anni ’90, anche l’indomabile Re dell’Oppio iniziò a negoziare con il governo birmano, arrendendosi alle autorità nel 1996.

Un’altra figura di rilievo fu Naw Kham, ribattezzato dai media “pirata d’acqua dolce”, accusato nel 2011 di aver orchestrato il dirottamento di due navi cargo cinesi sul Mekong. Quell’incidente, passato alla cronaca come “Massacro del fiume Mekong” costò la vita a 13 membri dell’equipaggio. Il governo cinese rispose esercitando una stretta sul narcotraffico regionale e dando inizio ad una profonda cooperazione con i Paesi vicini al fine di arrestare Naw Kham e i suoi. Dopo una lunga e cruenta caccia all’uomo, Naw Kham venne catturato in Laos ed estradato in Cina, dove lui e altri tre membri della sua banda furono processati e infine condannati a morte. Il processo ricevette la massima copertura mediatica da parte delle reti statali, con una diretta televisiva che venne interrotta solo qualche secondo prima dell’iniezione letale. Per le autorità cinesi si trattò di un’occasione per lanciare un messaggio forte, nonché un’importante vittoria del Partito nella lotta al narcotraffico e alla criminalità organizzata al fine di proteggere i suoi interessi economici nella regione.

Naw Kham, denominato “il pirata d’acqua dolce”, fu catturato in Laos ed estradato in Cina, dove lui e altri membri della sua banda vennero processati e infine condannati a morte.

Una possibile anabasi?

In seguito al colpo di stato in Myanmar del febbraio 2021, si è registrato un notevole incremento delle coltivazioni di oppiacei nel Paese, le quali  vanno a sommarsi al commercio regionale aggregato che si stima essere intorno ai 10 miliardi di dollari. A febbraio di quest’anno, Inshik Sim, coordinatore dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (UNODC) ha annunciato che l’area del Triangolo d’Oro potrebbe essere “la più grande zona di traffico di metanfetamine a livello mondiale”. In seguito, sono state rese pubbliche decine di notizie riguardanti colossali sequestri di droga, dallo Shan alle più remote regioni della Thailandia. In particolare, la task force antinarcotici thailandese, denominata Pha Muang e incaricata di vigilare il confine comune con il Myanmar e il Laos lungo 933 chilometri, ha condotto centinaia di operazioni, portando a termine svariati arresti, uccisioni e sequestri.

Nonostante gli apparenti successi, il volume dei traffici sembra destinato a crescere ancora di più. Le dichiarazioni dell’UNODC e le attività del Pha Muang hanno spinto i contrabbandieri non solo a sorvegliare i percorsi ordinari, talvolta mediante l’impiego di droni, ma anche a diversificare e ampliare le rotte al fine di insinuarsi capillarmente nei mercati interni fino a raggiungere  i porti meridionali.  

Casino Royale: per un pugno di yuan

La cooperazione regionale si è finora concentrata sulla caccia ai leader malavitosi e sul monitoraggio delle frontiere, tramite pattugliamenti congiunti e condivisione di informazioni. Tuttavia, tali sforzi si sono finora dimostrati limitati, soprattutto per via dell’incapacità di affrontare quelle che sono le ragioni più profonde del malessere sociale che hanno spinto questi individui ad abbracciare soluzioni criminali. Per vincere la lotta al narcotraffico, dovrebbe essere smantellato l’intero modello di business del Triangolo d’Oro. In particolare, sarebbe necessario fare i conti con le attività di riciclaggio, aventi il loro nucleo pulsante nei casinò della regione. Questi sono i veicoli prediletti per il riciclo dei proventi della droga. Trattando in contanti, non è necessario un numero troppo elevato di giocatori d’azzardo per giustificare enormi flussi di cassa.

Nel Laos è andata espandendosi una metropoli del gioco d’azzardo di proprietà cinese. Il complesso di casinò Kings Romans, gestito dal gangster Zhao Wei per concessione del governo laotiano, sorge nella Zona Economica Speciale del Triangolo d’Oro.

Lungo il fiume Mekong, nel Laos, è andata addirittura espandendosi una vera e propria metropoli del gioco d’azzardo di proprietà cinese. Il complesso di casinò Kings Romans, gestito dal gangster Zhao Wei per concessione del governo laotiano, sorge nella Zona Economica Speciale del Triangolo d’Oro (GTSEZ). La sua rete malavitosa spazia dal traffico di esseri umani, di animali selvatici e in via di estinzione, ad altre forme di criminalità organizzata transnazionale. Fisicamente in Laos, essa è de facto un’enclave cinese in cui si parla mandarino, il fuso orario è quello di Pechino e la valuta privilegiata è lo yuan.

Per tirare le fila

I confini porosi della regione, le complesse dinamiche etniche e politiche, nonché la corruzione dilagante tra i funzionari e l’instabilità politica, hanno esacerbato gli sviluppi criminali nell’area. La genesi dei conflitti in Myanmar ha contribuito ancor di più al deterioramento regionale, intralciando le operazioni congiunte di polizia, alterando la gerarchia delle priorità e creando nuove vie per il contrabbando. L’occhio del ciclone è incarnato dallo Stato Shan, cuore pulsante dello smistamento degli stupefacenti. Sfuggendo alla sovranità del governo birmano e continuando ad attrarre investimenti di denaro sporco, alimenta senza sosta la spirale di violenza che rischia di mettere in ginocchio l’Indocina.

Fonti: rainforestjournalismfund, breakingasia, china daily

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