di Marco Milo Lavina
“In virtù del grave turbamento della quiete e della sicurezza nelle principali città del Paese causato essenzialmente da gruppi criminali organizzati… si delibera la sospensione di alcune garanzie stabilite dalla costituzione” con queste parole il 6 dicembre la Presidente dell’Honduras, Xiomara Castro, ha dichiarato l’entrata in vigore dello Stato di Emergenza per 162 quartieri al fine di combattere la dilagante criminalità organizzata che imperversa nel Paese.
Il decreto PCM 29-2022, la cui effettività è di 30 giorni, allenta o sospende alcune garanzie costituzionali come quella di associazione, libera circolazione e perquisizioni grazie ad un’incredibile mobilitazione delle forze di polizia del Paese tanto che si parla di 1000 unità per ogni città “orientados al tratamiento del flagelo de la extorsión y delitos conexos”.
L’obiettivo è dichiarato da tempo: tutta la campagna elettorale della Castro si è basata sull’accusa al Partito Nazionale, in carica per i precedenti 12 anni, di aver venduto lo stato honduregno e le sue forze di sicurezza alla criminalità organizzata e alla necessità di liberare il Paese.
L’honduras infatti combatte ormai da anni, al pari di El Salvador e Guatemala, contro alcune gang di narcotrafficanti come quelle di Mara Salvatrucha o Barrio 18, veri e propri apparati criminali internazionali con affiliati anche in Italia che hanno fatto di Tegucigalpa una delle principali basi operative.
Queste bande hanno iniziato dall’estorsione nel settore del trasporto pubblico riuscendo poi ad infiltrarsi ai diversi livelli politici creando una rete di corruzione che ha messo in ginocchio i governi locali: l’ASJ ha calcolato in base a sondaggi e dati sulla popolazione che circa 206.623 famiglie honduregne sono vittime di estorsione ogni anno, l’equivalente di 847.154 persone. Confrontando questi sondaggi con i dati della Association for a More Just Society si scopre come al momento le gang dispongono di una rete capace di garantire un profitto annuale pari a 737 milioni di dollari, quasi il 3% del prodotto interno lordo del Paese.

Oltre alla corruzione, un altro fenomeno che mette in pericolo la stabilità sociale del Paese è la violenza che le bande impongono, tanto contro i cittadini che provano a non pagare la “impuesto de guerra”, una sorta di pizzo in cambio di protezione, quanto quella che scaturisce nella rivalità tra gang. Secondo le rilevazioni del Sistema Estadístico Policial en Línea SEPOL il tasso di omicidi ogni 100.000 abitanti nel Paese è passato da 38,95 nel 2020 a 41,71 nel 2021. La rivalità fra bande invece imperversa senza controllo specie dopo il fallimento di un patto di “cessate il fuoco” tra Barrio 18 e MS13 faticosamente mediato dal Governo, istituzioni religiose e la Organización de Estados Americanos (OEA) nel 2014.
L’emanazione dello Stato di Emergenza è quindi la diretta conseguenza di una situazione non più sostenibile: “L’intento è quello di penetrare in queste strutture criminali per arrivare ai leader” ha spiegato Leandro Osorio, ex capo della Polizia di Tegucigalpa costretto a dimettersi e a rifugiarsi all’estero dopo aver ricevuto minacce di morte dalle gang e da loro infiltrati nelle forze di sicurezza. Durante la prima settimana di operazioni il Ministero ha reso noto l’arresto di circa 300 membri di maras e lo smantellamento di 17 bande senza però riuscire a individuare importanti boss o capobanda registrando di fatto un successo solo parziale.
L’emanazione del decreto ha però sollevato non pochi timori e controversie all’interno della popolazione locale e del mondo latino americano.
Un esempio è la fake news montata sui social media nei giorni tra il 3 e il 6 dicembre che voleva l’istituzione del coprifuoco in tutto il Paese, creando una tale confusione generale da rendere necessario un tempestivo intervento delle Istituzioni. Il 6 dicembre infatti il direttore generale della polizia nazionale Gustavo Sánchez Velásquez, ha spiegato come l’articolo 2 del decreto garantisce “la libera circolazione sarà effettuata normalmente in tutto il Paese, anche nelle aree descritte in questo Decreto, e potrà essere limitata solo per i motivi qui descritti: persone ritenute responsabili dell’associazione, dell’esecuzione o di avere collegamenti nella commissione di reati nei comuni del Distretto Centrale e San Pedro Sula”.
Un altro fattore che ha creato scontento nella popolazione hondurena è l’implementazione da parte di Castro di una misura largamente militare, proprio lei che durante la campagna elettorale si era fatta promotrice di una linea di smilitarizzazione della sicurezza pubblica. Dopo la politica del suo predecessore Hernandez, autore dello slogan “un soldato ad ogni angolo delle strade” ma terminata con pesanti accuse di tortura e violazione dei diritti umani contro la forze di sicurezza, Castro si era impegnata a costruire “un rapporto più orizzontale e di fiducia con la popolazione”. Il PCM 29-2022 è però un passo indietro su questo fronte, con numerosi accademici che sottolineano come il ruolo della polizia sia limitato se non accompagnato da una campagna di coesione sociale.

Lo Stato di Emergenza ha attirato preoccupazione anche a livello regionale con numerose ONG impegnate nella lotta al rispetto dei diritti umani nel continente che si sono espresse in maniera scettica. Il principale timore della sospensione di alcune garanzie costituzionali è che possa essere utilizzato come pretesto dalle forze di polizia per operare con atti di violenza indiscriminata o dai vertici politici per allentare le garanzie democratiche. Contro il decreto si sono già pronunciate 27 organizzazioni civili nazionali e internazionali che compongono la Rete COIPRODEN, sottolineando come la situazione di instabilità nel Paese sia riconducibile a molteplici fattori di ordine sociale, economico, politico, culturale e ambientale” che al momento non sono trattati e che esulano dalla sola lotta alla criminalità organizzata. La ratio che le accomuna è ben descritta da Ana María Méndez-Dardón, Direttrice del Washington Office on Latin America WOLA: “Preocupa que la Policía Militar del Orden Público tenga un rol en estas medidas ya que la seguridad ciudadana debe estar en manos de una policía civil y ser independiente de las políticas de defensa para que sea eficaz […]”.
In questo senso fanno paura le dichiarazioni dei vertici della polizia hondurena che si dimostrano favorevoli ad un’estensione dello Stato di Emergenza: “De acuerdo a nuestra planificación y análisis, ya lo tenemos contemplado y posiblemente solicitemos al poder Ejecutivo la ampliación del tiempo y las ciudades”. La paura è che si possa arrivare ad una situazione simile a quella di El Salvador dove il suo presidente, Nayib Bukele, ha decretato lo stato di emergenza che va avanti da più di sette mesi con l’arresto di oltre 50.000 sospetti membri di bande a cui sono negati i diritti processuali fondamentali e venendo accusato di presunte violazioni dei diritti umani.
Al momento il governo ha rassicurato della natura transitoria della misura ma l’impressione è che la decisione di Castro verrà ricordata più come un pericoloso precedente nella storia hondurena che una misura concreta per sconfiggere la criminalità organizzata nel Paese.