di Cristina Pedrini
Se la guerra in Ucraina sembra aver contribuito in parte alla coesione dell’Unione europea, lo stesso non si può certo dire a proposito dell’opinione pubblica bulgara. La sfera politico-sociale del paese, infatti, resta ancora fortemente divisa tra i più occidentali ed europeisti da un lato, e i più nostalgici e filo-russi dall’altro.
Il sondaggio Flash Eurobarometro condotto tra il 13 e il 20 aprile 2022 ha rivelato che all’affermazione «le autorità russe sono da ritenersi in primo luogo responsabili per la situazione attuale» solo il 27% dei bulgari si è detto completamente d’accordo, mentre il 46% ha affermato di essere in totale o parziale disaccordo (contro una media europea completamente d’accordo che si attesta intorno al 52% e un 26% aggiuntivo che afferma di essere in parziale accordo). Altre informazioni chiave che sono emerse dall’indagine riguardano il sostegno al popolo ucraino fermo al 39% (contro un solido 54% europeo) e l’indice di consenso per le diverse misure messe in campo a livello europeo: le sanzioni economiche contro la Russia, sostenute dal 24% della popolazione contro un 55% europeo, e il supporto militare, che ha visto uno sconcertante 40% in completo disaccordo. L’unico dato che sembra essere in linea con la comunità europea riguarda il sostegno umanitario al popolo ucraino, fortemente voluto da entrambe le parti.

Come si evince dallo studio, l’opinione pubblica bulgara si scosta (a volte anche drasticamente) dalla media europea, in particolar modo se si tratta di assumere delle posizioni in completa opposizione a Mosca. Ma cosa rende il popolo bulgaro ancora così fortemente legato alla madre patria russa?
I. Propaganda, oggi come in passato
È bene ricordare che, per natura, ogni guerra è innanzitutto una guerra di propaganda. Ed essendo la guerra la forma piú estrema di antagonismo, è logico che la narrativa del conflitto e delle dinamiche che l’hanno scaturito di uno sarà opposta quella dell’avversario. In questo caso, la macchina propagandistica russa non ha mai smesso di proliferare nei paesi dell’Unione europea, ed in particolare in Bulgaria. Le narrazioni piú diffuse vedono gli Stati Uniti e la NATO colpevoli dell’invasione e gli ucraini come dei nazisti che proteggono il proprio regime; circostanza che, sempre secondo la narrazione, giustificherebbe le azioni intraprese dalle forze armate russe nel territorio ucraino.
Sebbene la propaganda del Cremlino sia giunta anche in altri paesi dell’Unione, come in Polonia ed in Ungheria o negli stati Baltici, questa ha trovato un terreno particolarmente fertile nelle menti bulgare. Il popolo, in parte disilluso per quella che si pensava sarebbe stata una crescita economica esponenziale dopo l’adesione all’Unione europea nel 2007, è divenuto facile preda di narrazioni populiste e propagandistiche. Come ha affermato al giornale “Politico” Goran Georgiev, analista del Centro per gli Studi sulla Democrazia di Sofia, «la Bulgaria è da anni oggetto di campagne sistematiche di disinformazione […], alcuni bulgari credono senza riserve alle teorie cospirazioniste e hanno perso fiducia nei media tradizionali».
Tuttavia, ciò non significa che il consenso popolare nei confronti del Presidente Putin non sia diminuito. Se prima di febbraio 2022 fino al 58% della popolazione bulgara vedeva di buon occhio Vladimir Putin, l’invasione dell’Ucraina ha quasi dimezzato tale approvazione, che ora si attesta intorno al 32%. Per di più, le manifestazioni di dissenso verso la guerra e verso la Russia in generale non si sono certo fatte attendere.
All’indomani dell’invasione, alcuni cittadini si sono infatti riuniti in una protesta di fronte al Monumento all’Esercito Sovietico a Sofia (foto), su cui hanno dipinto le scritte “invasori”, “assassini” e “gloria all’Ucraina”. I manifestanti, peraltro, esprimevano il desiderio che l’opera, eretta dopo la Seconda guerra mondiale e di fatto omaggio all’Armata Rossa, fosse definitivamente rimossa. Tuttavia, da allora ancora nulla è cambiato, e il Monumento continua a incombere sui giardini nel centro della capitale.

II. Una storia condivisa
È bene ricordare che la Bulgaria e la Russia condividono un passato di solidarietà e fratellanza non trascurabile. Questo risale al XIX secolo, quando l’esercito imperiale russo venne in soccorso del popolo bulgaro in quella che sarebbe poi diventata la guerra russo-turca del 1877-1878. Sconfiggendo i turchi, l’Impero russo pose fine alla dominazione ottomana del paese e restituì alla Bulgaria la propria indipendenza. Da allora, il popolo bulgaro prova una fortissima riconoscenza e vicinanza alla Russia, considerata come un paese liberatore.

A prova di ciò, la cattedrale principale di Sofia prende il nome dall’eroe nazionale russo Alexander Nevski (divenuto poi santo), ed è dedicata proprio ai soldati russi caduti durante la guerra russo-turca. Allo scoppio della Prima guerra mondiale, essendo Russia e Bulgaria schierate nelle due fazioni opposte, la Cattedrale fu rinominata ai santi Cirillo e Metodio. Il nome originale fu poi ripristinato nel 1920, ed è ancora oggi simbolo della sconfinata gratitudine del popolo bulgaro per la vicina Russia.
La Russia e la Bulgaria, inoltre, sono entrambi paesi a maggioranza ortodossa. Sebbene le diverse chiese ortodosse siano autocefale (ciò significa che nessuna chiesa riconosce il primato di un’altra), esse restano comunque accomunate dalla loro contrapposizione alla chiesa cristiana cattolica. Non a caso, nel 2018 il patriarca di Mosca Kirill ha visitato la capitale Sofia in occasione del 140° anniversario della liberazione bulgara dal dominio ottomano. La visita, oltre a sottolineare l’importanza del passato condiviso dai due paesi slavi, mirava a rafforzare ulteriormente il legame tra le due chiese ortodosse e tra i fedeli dei rispettivi paesi.
Infine, non bisogna tralasciare il fatto che la lingua bulgara e quella russa sono molto simili tra loro, e che molti bulgari parlano perfettamente il russo, circostanza che gli consente di avere accesso più facilmente ad articoli di giornali russi e pertanto influenzati direttamente dall’efficiente macchina propagandistica del Cremlino. È evidente come fattori storici, religiosi e linguistici si intreccino a formare quello che è ancora oggi il profondo legame russo-bulgaro, che rende la Bulgaria uno dei paesi più tradizionalmente filo-russi d’Europa.
III. La reazione alla guerra d’Ucraina
Il governo di Sofia ha da sempre cercato di mantenere un certo grado di neutralitá tra l’Unione europea e la NATO da un lato e Mosca dall’altro, restando fedele ad entrambe le parti senza mai sbilanciarsi troppo apertamente. Con lo scoppio della guerra, tuttavia, la Bulgaria si è trovata in una posizione tutt’altro che semplice.
La frammentazione dell’opinione pubblica si è rapidamente rispecchiata nella sfera politica, che ha visto una forte polarizzazione tra i partiti tendenzialmente più filorussi e quelli invece dichiaratamente contrari alla guerra in Ucraina.
La condanna dell’invasione via social dell’allora Primo Ministro Kiril Petkov scatenó in breve tempo numerosi tumulti all’interno della coalizione di governo, specialmente da parte del Partito Socialista (da sempre fortemente legato a Mosca, contrario alle sanzioni russe e all’invio di armi in Ucraina). Inoltre, a soli pochi giorni dall’invasione, Petkov dovette chiedere le dimissioni del Ministro della Difesa Stefan Janev a causa delle sue affermazioni apertamente filorusse, avendo di fatto adottato il punto di vista di Vladimir Putin: «Se partiamo dall’analisi delle parole di Putin, lui evita la parola guerra. Noi la usiamo con leggerezza, ma nei prossimi giorni sarà probabilmente confermata la tesi per cui le azioni russe si limiteranno a qualche operazione militare,o almeno è così che Putin e i suoi militari spiegano cosa stanno facendo. Non esageriamo con questa retorica».

Rispetto agli aiuti militari all’Ucraina, come accennato in precedenza, la Bulgaria ha avuto qualche riserva sulla fornitura di armamenti. È stato solo a novembre che il Parlamento di Sofia ha finalmente approvato l’invio di armi a Kiev, decisione che, seppur tardiva, ha rappresentato un punto di svolta nei rapporti tra Mosca e Sofia. Resta da vedere quali saranno le conseguenze di questa decisione, e come ciò influenzerà i rapporti con la vicina Russia.
Photo credits: Commissione Europea, capital.bg, temida.tv, gramofona.com.