Written By Redazione

di Laura Corti

Lo scorso 8 novembre, negli Stati Uniti, i cittadini si sono recati alle urne per un importante appuntamento elettorale dal quale dipenderà la configurazione di Camera dei Rappresentanti e Senato per i prossimi due anni. In gioco c’è anche il destino dei due principali partiti americani in prospettiva delle elezioni 2024. Queste midterm sono stati contrassegnati da un testa a testa così serrato che bisognerà probabilmente aspettare i risultati delle elezioni della Georgia, a dicembre, per avere un quadro completo della situazione e capire quale sarà il nuovo equilibrio politico statunitense. I democratici sembrano però essere riusciti a mantenere il controllo del Senato, mentre i Repubblicani si avviano a conquistare la Camera dei Rappresentanti.

Come si strutturano il sistema politico americano e le elezioni di midterm

La configurazione del sistema americano presenta numerose caratteristiche che la distinguono da quella italiana, anche e soprattutto in virtù del federalismo, che impone al governo centrale di condividere la sovranità con i singoli governi degli Stati. La struttura del governo federale è stabilita dalla Costituzione ed il potere politico è ripartito tra Presidente, Congresso e corti giudiziarie federali seguendo la dottrina della separazione dei poteri, che assicura che ogni branca del governo (legislativa, esecutiva e giudiziaria) possa al tempo stesso agire autonomamente e controllare l’operato delle altre due.

Il Congresso, che detiene il potere legislativo, è suddiviso in due camere che hanno come funzione principale quella di approvare le leggi federali. Da un lato vi è la Camera dei Rappresentanti, o camera bassa, composta da 435 membri che rimangono in carica per due anni e che sono eletti in rappresentanza di un determinato distretto elettorale, affinché il numero dei membri presenti in questa camera rispecchi l’entità della popolazione di ciascuno Stato. Dall’altro lato, il Senato, o camera alta, è composto da 100 membri che rimangono in carica per sei anni a partire dal momento della loro elezione. I membri sono 100 affinché ogni Stato possa avere un identico numero di rappresentanti (due per Stato), indipendentemente dall’entità della propria popolazione.

Le elezioni per il Congresso si svolgono ogni due anni. Quindi, ogni due anni ci sono due grandi cambiamenti: la Camera bassa si rinnova completamente – i suoi 435 membri possono rimanere in carica solo per due anni –, mentre la Camera alta si rinnova per un terzo. Infatti, ogni due anni, un terzo dei senatori deve abbandonare la carica ed è sostituito da un nuovo gruppo che rimarrà in carica per i sei anni successivi.

Il Congresso è un parlamento con bicameralismo perfetto, e dato che affinché un disegno di legge venga approvato è necessario che la maggioranza dei presenti in ciascuna delle due camere sia favorevole, è facile intuire quanto la composizione dei membri del Congresso sia di fondamentale importanza, soprattutto per il Presidente in carica.

Perché le midterm sono importanti

Essendo che un terzo del Senato e l’intera Camera dei rappresentanti si rinnovano biennalmente, ne risulta una tempistica che fa sì che le elezioni delle due camere si tengano sia insieme a quella del Presidente sia a metà del suo mandato, assumendo così un connotato di giudizio indiretto sull’operato del Presidente. Le elezioni di midterm assumono così una grande rilevanza politica, innanzitutto come giudizio sui primi due anni della presidenza, e secondariamente anche come strumento di previsione rispetto alle elezioni successive. 

Per le elezioni di midterm, generalmente, solo il 40% degli aventi diritto sceglie di votare e, storicamente, queste elezioni vedono quasi sempre il partito del presidente perdere seggi al Congresso e gli oppositori ottenere il controllo di una o entrambe le camere. Questo provoca profonde ripercussioni sul margine di azione del Presidente, e ridefinisce l’equilibrio tra potere legislativo ed esecutivo. Equilibrio che, prima delle midterm, era abbastanza proporzionato, con 50 seggi ai democratici e 50 seggi ai repubblicani in Senato (senza però contare che il potere decisionale in caso di pareggio spetta alla Vicepresidente democratica) e una Camera del Rappresentanti dove i democratici avevano un vantaggio di poche unità.

I risultati

In un sondaggio di Gallup pubblicato a fine ottobre emergeva un tasso di approvazione rispetto all’operato del presidente Biden del 40%, percentuale pericolosamente bassa e in costante diminuzione dai tempi della sua elezione. Considerando questa bassa popolarità e il fatto che alle gmidterm il partito del presidente in carica tenda quasi sempre a perdere numerosi seggi, e aggiungendo poi i problemi economici e la guerra in corso risulta facile comprendere perché i pronostici tendevano ad ipotizzare l’avvento di uno tsunami repubblicano. Si immaginava anche che i temi favoriti dai repubblicani, come lotta all’inflazione, all’immigrazione e alla criminalità, potessero interessare l’elettorato più della difesa ai diritti civili, cavallo di battaglia dei democratici. Lo stesso ex-presidente Trump sembrava talmente convinto dell’imminente vittoria schiacciante da dichiarare durante un comizio che starebbe pensando ad una ricandidatura nel 2024.

Date le aspettative, i risultati sono stati decisamente sorprendenti, con uno tsunami repubblicano che non è riuscito a manifestarsi, sebbene il Gop potrà probabilmente vantare una tiepida vittoria con la Camera bassa. Uno dei dati più interessanti riguarda l’affluenza, che è stata la seconda più alta registrata in 50 anni. Un’affluenza in cui spicca l’altissima presenza di giovani e donne (seppur diminuita rispetto al 2018), gruppi che si sono mobilitati sentendo di dover difendere temi sociali – aborto legale, ambiente, uguaglianza, crescita sostenibile – percepiti come essenziali.

Proprio in virtù del fatto che non ci sia stata una vittoria schiacciante, bisognerà probabilmente aspettare diverse settimane prima di avere il quadro completo della situazione. Sembrerebbe comunque che i repubblicani abbiano un’alta probabilità di conquistare la maggioranza alla Camera, seppur con un margine ridotto. Questo, tutto sommato, è un dato determinante, dato che una Camera dei Rappresentanti in mano repubblicana significherebbe la possibilità da parte del Gop di paralizzare l’agenda legislativa di Biden e di portare avanti inchieste parlamentari sul Presidente che potrebbero eventualmente portare all’impeachment.

Possiamo invece già sapere che il controllo del Senato rimarrà ai Dem, anche se il testa a testa tra democratici e repubblicani potrà venire completamente risolto solo con i risultati delle elezioni dello stato della Georgia. Qui, il primo conteggio dei voti è già stato terminato, ma lo stato gestisce un sistema in base al quale se nessuno dei due candidati raccoglie più del 50% dei voti – cosa che non è successa – deve esserci un ballottaggio, che in questo caso avrà luogo il 6 dicembre. Ma con la vittoria in Arizona del 12 novembre e quella in Nevada del 13, i democratici sono riusciti nella clamorosa impresa di mantenere il controllo della Camera alta.

Repubblicani e democratici

La Red Wave, dunque, non è arrivata, nonostante ci fossero tutte le condizioni affinché ciò accadesse. Questo complica le cose per l’ex-presidente Donald Trump, indebolendo la sua posizione e pregiudicando le sue ambizioni, tanto che una parte del Gop vorrebbe negargli la nomination. A peggiorare la situazione, queste elezioni di midterm hanno mostrato chiaramente come Ron DeSantis, rieletto governatore della Florida, sia la nuova stella nascente del partito repubblicano. La popolarità dell’italoamericano è in ascesa anche al di fuori dei confini del suo stato, tanto che una parte del partito repubblicano lo reputerebbe un’alternativa più efficace al tycoon e vorrebbe vederlo correre per la Casa Bianca sfidando Trump alle primarie di partito.

Risulta chiaro dunque come queste elezioni abbiano cambiato le carte in tavola per ciò che riguarda le elezioni del 2024. Trump era convinto che l’entità del tasso di disapprovazione verso i Dem sarebbe stato tale da rendere inevitabile la sua nomination, ma se alcuni dei candidati che aveva imposto sono riusciti a vincere, è anche vero che molti altri non ci sono riusciti, causando la perdita di stati chiave come la Pennsylvania. Trump potrebbe decidere di aspettare la fine del ballottaggio in Georgia prima di fare dichiarazioni riguardo alla propria candidatura.

Paul Hennessy/SOPA Images/LightRocket via Getty Images

Dal lato opposto, i democratici hanno dimostrato di essere sicuramente più competitivi del previsto. Il presidente Biden ha commentato i risultati sostenendo che sia stata una buona giornata per la democrazia e che, anche se temi come economia, crimine e sicurezza rimangono fondamentali per il popolo americano, sia risultato evidente come la preoccupazione di preservare i propri diritti abbia avuto la meglio su tutto il resto. Biden ha inoltre ammesso di star considerando la possibilità di correre per le elezioni del 2024.

Nonostante questa dichiarazione, il futuro dei democratici risulta incerto: Joe Biden, nel 2024, avrà 82 anni e la sua popolarità non accenna a risalire. È dunque lecito sospettare che possa cambiare idea, o che il partito possa sconsigliargli questo corso d’azione. Il problema è dunque lampante: se per i repubblicani si prospettano già due candidati con una solida base di approvazione, dalla parte dei democratici non si vede, ad oggi, un possibile candidato in grado di convincere l’elettorato.

Con queste elezioni midterm, una piccola sconfitta per i democratici c’è stata: con i repubblicani che si accingono a prendere controllo di una camera non sarà facile portare avanti iniziative di rilievo e appaiono evidenti le difficoltà che il partito democratico si troverà ad affrontare. Al tempo stesso, insospettabilmente considerando le premesse, i Democratici sono riusciti sia a mantenere il Senato, sia a contenere di molto le perdite di seggi alla Camera. Si può dunque parlare di una tornata elettorale sorprendente che inciderà di sicuro sul futuro degli USA. Le elezioni midterm sono, però, quel momento in cui il partito all’opposizione dovrebbe riguadagnare influenza, puntando il dito contro i fallimenti del governo. Dunque, tutto considerato, queste elezioni sono state una delusione per i repubblicani, soprattutto per l’ex presidente, e costringeranno il partito a rivedere i propri piani per il futuro.

Foto, mappe e grafici: Politico e AP Images

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