di Martina Canesi

A seguito di una primavera di corsa elettorale, il 9 maggio il popolo filippino ha scelto il leader che guiderà la nazione per i prossimi sei anni. Il controverso risultato ha visto il figlio dell’ex dittatore Ferdinand Marcos, che ha retto il paese dal 1965 al 1986, conquistare la presidenza, a cui giungerà ufficialmente il 30 giugno di quest’anno. La campagna dell’omonimo Ferdinand “Bong-Bong” Marcos è ruotata intorno ad una promessa di “Unità” che ha interessato non solo i canali standard, ma anche, e soprattutto, una precisa ed accurata propaganda tramite social networks: le modalità impiegate, spesso al limite della legalità, rivestono la vittoria dinastica di dubbi e incertezze riguardo alla futura prosperità della nazione filippina.

Ferdinand Marcos Jr. e il ritorno alla vita pubblica

Ci sono voluti quasi 30 anni perché la famiglia Marcos completasse il suo riavvicinamento alla politica: dopo che Ferdinand Marcos Senior fu allontanato dalla politica a seguito di massicce proteste, la famiglia scappò alle Hawaii, dove trascorse il suo esilio. È solo nel 1991 che i Marcos poterono tornare in patria a seguito della morte dell’ex dittatore nell’89 e dopo aver affrontato accuse di corruzione, e solo allora Ferdinand poté iniziare a programmare il suo rientro in politica.

Bong-Bong ha dedicato la sua intera carriera politica alla riabilitazione del nome della famiglia Marcos, stringendo alleanze con le Dynastias (ricche famiglie filippine che detengono incarichi politici e governativi da generazioni) che prosperarono all’epoca del padre: è un esempio in tal senso l’alleanza stretta con la famiglia Duterte. Se nelle scorse elezioni Ferdinand Marcos Jr. si è candidato come vicepresidente a fianco di Rodrigo Duterte, ora è proprio la figlia di Duterte, Sara, che si è presentata come candidata vicepresidente a fianco di Marcos. Questi schemi di aiuti e alleanze hanno fornito la rete di sostegno per la riabilitazione della famiglia dell’ex-dittatore su cui ha potuto montare un ingegnoso apparato mediatico.

La vittima dei media

Sulla linea di uomini poco liberali, Bong-Bong Marcos si è dipinto come la vittima dei principali mezzi di informazione, accusando media come Facebook di avere pregiudizi contro la propria famiglia e di oscurare informazioni tramite il fact-checking. La strategia mediatica che ha portato alla vittoria di Marcos ha implicato una vera e propria riscrittura della storia: la dittatura di Marcos è vista come un’“epoca d’oro” in cui le Filippine hanno vissuto sotto stabilità, crescita economica e prosperità. Una prospettiva revisionistica ben lontana dalla verità dei fatti che testimonia invece un periodo buio per la nazione filippina, caratterizzato dalla mancanza di libertà e da repressione per chi si dichiarasse oppositore del regime.

Nella pratica, il revisionismo operato da Bong-Bong è avvenuto sulle stesse piattaforme da lui criticate. Basti pensare ad uno tra i video più visti della star di TikTok Joey Toledo, il quale vede una conversazione di 13 secondi tra il neoeletto presidente Marcos e il ministro della difesa sotto Ferdinand Marcos Sr., l’ormai novantaquattrenne Juan Ponce Enrile, in cui quest’ultimo afferma come le Filippine fossero talmente sicure sotto la legge marziale imposta dal dittatore che “i cittadini potevano lasciare le case aperte senza che nessuno entrasse”. Probabilmente Enrile ha solo dimenticato di menzionare le migliaia di persone uccise e le decine di migliaia incarcerate o torturate durante il periodo di legge marziale.

Ma in un paese tormentato dalla malavita, tali affermazioni fanno breccia in quella parte di popolazione – i più giovani nonché gli utenti principali di TikTok – che non ha vissuto i tragici giorni della dittatura e degli omicidi politici: sono infatti più della metà (circa il 56%) i votanti registrati nelle Filippine nati meno di quarant’anni fa – quando l’esperienza dittatoriale era già conclusa o erano troppo giovani per ricordarla – ed è proprio quella fetta di popolazione che maggiormente supporta Ferdinand Marcos Jr. Un sondaggio della società Pulse Asia ha confermato questa tendenza: circa il 72% dei votanti registrati tra i 18 e i 24 anni di età supportano il neoeletto Ferdinand Marcos Jr.

L’altro motivo per cui la disinformazione promossa da Marcos è stata così effettiva risiede nella gestione della rete mobile e nelle offerte di internet nelle Filippine: se, infatti, Facebook può essere usato senza che rientri nei dati disponibili per le costose offerte di dati mobili, l’accesso a fonti di informazione più accurate costa, rendendo il loro usufrutto più complesso. Sono circa 84mila gli utenti delle Filippine che usano regolarmente Facebook ed è verosimile pensare che un numero equivalente sia stato in qualche modo influenzato dalla propaganda di Bong-Bong.

Questo mix di autoritarianismo e propaganda ha dato i suoi frutti, riportando la famiglia Marcos nella residenza presidenziale di Malacañan a Manila, ma l’effetto a lungo termine di questa vittoria è ancora da definire. Sebbene sia innegabile che Bong-Bong Marcos abbia compiuto la sua missione magistralmente, è difficile affermare con certezza che questa sarà la via per la prosperità per il popolo filippino: nei mesi di campagna elettorale, Marcos ha evidenziato che forse il suo fine ultimo non è l’arricchimento o la stabilità del proprio paese, ma più la ricchezza e la prosperità solo ed unicamente della propria famiglia

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