Written By Redazione

L’Argentina apre alla Belt and Road Initiative, un nuovo orizzonte per le relazioni con il colosso asiatico.

di Riccardo Seghizzi

L’ingresso dell’Argentina nella BRI rappresenta un ulteriore passo dell’insediamento cinese nel Sud America, rinvigorendo le proprie relazioni con uno dei Paesi fondamentali dell’area e già solido alleato commerciale ed economico. Per l’Argentina il Dragone rappresenta il secondo partner commerciale, con 14 miliardi di dollari di interscambio, e un importante creditore. Altri numeri certificano il legame di ferro tra i due Paesi: infatti l’Argentina è prima per numero di progetti finanziati da banche commerciali cinesi, e quarta per quelle istituzionali
Il vertice Fernández-Xi ha quindi formalizzato l’entrata dell’Argentina nella BRI ed ha confermato gli impegni su vasta gamma di progetti preparati dal Ministero degli Affari Esteri argentino e dal suo ambasciatore a Pechino, Sabino Vaja Narvaja. In totale sono 22 i punti della dichiarazione ufficiale partorita dal bilaterale, che indica il finanziamento della Repubblica Popolare Cinese verso l’Argentina per oltre 23 miliardi. Tra le altre aree di cooperazione tra i due Paesi rientrano agricoltura, estrazione mineraria, energia – tra cui il progetto idroelettrico argentino di Santa Cruz – investimenti – per cui l’Argentina ha accettato di investire 8 miliardi nella società cinese Gezouba per un reattore nucleare – [a1] 5G, mare argentino[a2] , Antartide, biochimica e spazio – un accordo tra i due Paesi permetterebbe alla Cina di gestire una stazione radar in Patagonia, utile per il programma lunare cinese. Il tutto in concomitanza con il 50° anniversario dell’Istituzione delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi.

Le relazioni diplomatiche tra i due Paesi si sono consolidate nell’arco del trentennio che ha portato al nuovo secolo[a3] , relazioni portate avanti sotto le presidenze di Néstor Kirchner e Cristina Fernández de Kirchner. Sicuramente tra i più importanti accordi troviamo l’accordo di cooperazione per l’uso dell’energia nucleare a scopi pacifici del 1985; il riconoscimento da parte cinese delle isole Falkland/Malvinas all’Argentina; nel 2014 la Partnership Strategica Integrale nel 2014, con finanziamenti cinesi per l’idrica e le ferrovie, e l’accordo sulla stazione radar della Patagonia, che ha suscitato molte critiche da parte degli Stati Uniti.

A consolidare questa cooperazione vi sono interessi economici e scambi commerciali, certificati dai numeri del Piano di Cooperazione Produttiva. Nella classica modalità cinese verso i Paesi esteri, la RPC fornisce ingenti capitali e beni industriali all’Argentina in cambio di materie prime, in questo caso soprattutto soia e carne. Non a caso la Cina è meta dell’80% dell’export di semi di soia argentina e da oltre un anno è sul tavolo una trattativa per la creazione di impianti che lavorano carne suina, destinata solamente alla sola potenza asiatica.
E, a livello diplomatico, le ultime presidenze della Casa Rosada hanno sempre mantenuto un rapporto robusto con la Cina, senza mai un accenno di allontanamento.

L’adesione argentina alla Belt and Road Initiative è stata preparata durante tutto il 2021.
I due governi infatti hanno stipulato accordi di cooperazione nel campo dell’energia elettrica – la Cina possiede il 7,5% della rete elettrica argentina – e di quella nucleare, oltre all’incremento dell’attività estrattiva di litio in Argentina, fondamentale per l’high tech asiatico. Buenos Aires ha poi acquistato materiale bellico dal partner. Altro tassello del 2021 è quello sanitario: in Argentina non hanno tardato ad arrivare forniture sanitarie e di vaccini dalla Cina, principalmente Sinopharm e Convidecia, e sono state intavolate trattative per un laboratorio per la produzione locale di dosi vaccinali.

In chiusura dell’anno, con ormai tantissimi quotidiani che anticipavano l’adesione argentina alla BRI, Fernández ha consegnato il Nuovo Piano Quinquennale Integrato, con 17 progetti da finanziare dalla Cina. Il documento ha incassato la disponibilità da Xi Jinping, che ha rilanciato con iniziative comuni su differenti tematiche. Infine, Fernández ha comunicato a Xi di voler aprire un nuovo consolato a Chengdu e la garanzia di un maggior dialogo tra la Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (CELAC) e la Cina, considerando che la presidenza dell’organo nel 2022 spetta proprio all’Argentina.

Arriviamo quindi alla firma del Memorandum of Understanding (MoU) con il quale è stato formalizzato l’ingresso argentino nella BRI. Con questa adesione l’Argentina si assicura investimenti in opere per un totale di circa 23 miliardi di dollari divisi in due tranche. La prima, di 14 miliardi, è già stata approvata e sarà destinata a 10 progetti infrastrutturali – 8,3 miliardi saranno destinati ad Atucha III, la quarta centrale nucleare argentina – mentre la seconda deve essere ancora discussa da una Commissione apposita. In parallelo a ciò, i due Paesi hanno siglato anche 13 documenti di cooperazione in differenti settori tra cui sviluppo verde, economia digitale e cooperazione spaziale. Quest’ultimo punto ha portato all’iniziativa ed installazione di satelliti per il rilevamento BeiDou.

L’adesione alla BRI è solo l’ultimo passaggio di un rapporto diplomatico longevo tra i due Stati. Nonostante questo però, l’Argentina deve fare i conti con alcune situazioni difficili e conseguenti scelte da fare che necessiteranno di importanti valutazioni di equilibrio e bilanciamento.

Poco prima di aderire alla BRI, Fernandez è riuscito a trovare un’intesa di massima con il Fondo Monetario Internazionale (FMI), dal quale nel 2018 l’Argentina di Mauricio Macri ottenne un prestito di 44,5 miliardi. Questa intesa mirerebbe a ridurre il deficit fiscale nel prossimo triennio, con un’ipotesi argentina di aumentare di 5 miliardi le proprie riserve internazionali. Più nel dettaglio, l’intesa raggiunta prevede una serie di aiuti, ma il Paese latinoamericano dovrà ridurre gradualmente il deficit fino allo 0,9% entro il 2024, aumentare i tassi d’interesse, incrementare le entrate fiscali e riformare il sistema di sussidi energetici. La prima tranche di debito da restituire sarà ora di 731 milioni di dollari.   L’accordo è ancora una bozza e incontrerà probabilmente qualche critica da parte degli Stati Uniti, che precedentemente alla firma argentina sulla BRI avevano aperto alle negoziazioni del debito dell’Argentina con il FMI. Gli Stati Uniti detengono la quota relativa di voti più alta all’interno del Consiglio di Amministrazione del FMI, ovvero il 16%, essendo i principali contributori. Questo mette gli USA nella posizione ipotetica di poter bloccare autonomamente l’accordo, che necessita dell’85% dell’approvazione del CdA.

Da qui nasce la necessità per il Presidente argentino di ponderare ogni mossa per non far cadere l’equilibrio. È logico che gli USA non abbiano preso molto bene la scelta dell’Argentina, proprio dopo aver raggiunto un accordo sul debito, di abbracciare la BRI, e quindi la Cina. Fernández si è inoltre concesso anche una tappa in Russia, dove ha incontrato Vladimir Putin, suscitando ulteriormente l’ira di Washington.

L’impressione è quindi che Alberto Fernández stia facendo un gioco d’equilibrio tra le potenze. Da un lato l’Argentina ha necessità di ridisegnare il debito con il FMI – senza il quale Buenos Aires, con già il 50% di inflazione annua ed una povertà oltre il 40%, rischia l’ennesimo default, che nella sua storia ne conta già 8 – attraverso il dialogo con gli Stati Uniti, che sono però altamente preoccupati dal comportamento argentino. L’altro lato vede invece l’Argentina esultare per la propria adesione alla BRI, che rafforza la relazione con la Cina, e l’ammiccamento alla Russia, con l’auspicio del Presidente espresso a Mosca, che l’Argentina diventi ‘la porta d’entrata per la Russia in America Latina’, dichiarazioni che sono state poi ridimensionate dal Presidente stesso.

Infine, per comprendere meglio questo comportamento ‘gommoso’ dell’Argentina nei confronti della Cina bisogna ricordare che i rapporti tra i due rappresentano un interesse fondamentale di Buenos Aires. Pechino è vicinissima a divenire il primo partner commerciale dell’Argentina, scalzando il vicino Brasile. Inutile quindi pensare che l’Argentina si privi delle promesse di investimenti e delle relazioni con la Cina. Tanti gli scenari che restano aperti, dall’FMI agli Stati Uniti, passando dalla Belt and Road Initiative. Ma ciò che pare insindacabile è la cooperazione tra il Dragone e l’Argentina, destinata ad aumentare e legare sempre di più i due Paesi.


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