Perché occuparsi di Dugin
Dugin è un filosofo e politologo russo che da tempo vanta stretti legami col Cremlino, e che è stato spesso definito il consigliere di Putin. È difficile quantificare la sua effettiva influenza sul famigerato capo di stato russo, ma di certo la sua è una voce che, seppur scomoda, può essere fonte di insight per chi cerca di ottenere una migliore comprensione di quali siano le motivazioni ideologiche che hanno spinto la Russia a compiere le mosse strategiche delle scorse settimane.
Infatti già nel 2014 Dugin si riteneva certo che un’invasione dell’Ucraina sarebbe stata inevitabile per “salvare l’autorità morale della Russia” e sfidare il dominio che gli Stati Uniti eserciterebbero nel mondo. Dugin aveva anche attivamente appoggiato l’annessione della Crimea alla Russia, e spiegava che il passo successivo sarebbe stato l’“annessione” dell’Ucraina orientale, che egli considera essere tradizionalmente parte della Russia. Dunque, alla luce dei recenti avvenimenti, vale la pena familiarizzare con l’ideologia duginiana – non con l’intento di giustificarla o giudicarla nella sua veridicità, ma con lo scopo di comprendere l’intrecciata relazione che idee come queste spesso intrattengono con le motivazioni delle azioni geopolitiche.
The Eurasia Party
Alexandr Gelyevich Dugin nasce a Mosca il 7 gennaio 1962 in una famiglia di classe medio-alta. Nel 1979 inizia a frequentare l’Istituto aeronautico di Mosca, da cui viene però estromesso; riuscirà invece ad ottenere una laurea in filosofia e successivamente a conseguire due dottorati, in sociologia ed in scienze politiche. Nel 1993 fonda il Partito Nazional Bolscevico, dal quale uscirà qualche anno dopo per dedicarsi alla fondazione di organizzazioni più fortemente antiliberali. Nel frattempo, riesce a stringere legami stretti col Cremlino entrando nella cerchia di Vladimir Putin – fino a venire soprannominato dalla stampa “l’ideologo di Putin”.
Infine, nei primi anni duemila fonda, con l’appoggio di esponenti del governo e di rappresentanti delle principali religioni eurasiatiche, il Movimento Internazionale Eurasiatista (Eurasia Party). Dugin, infatti, pensa che l’Occidente stia percorrendo un percorso autodistruttivo, in cui la patina dorata di un’economia prospera maschera una realtà sottostante caratterizzata da un totale degrado spirituale. Egli dunque auspica che l’Eurasia si unisca per rifiutare il liberalismo e combattere l’atlantismo.
La quarta teoria politica
Nel 2009 Dugin pubblica il suo famoso libro intitolato “La quarta teoria politica” in cui espone la propria proposta politica, chiamata quarta in quanto ideata successivamente rispetto alle le tre grandi teorie del passato – ovvero liberalismo, comunismo e fascismo.
Qui, Dugin propugna un programma di conservatorismo fondamentale, ovvero un ritorno alla Tradizione, i cui contenuti e stili di vita sono a rischio di estinzione: i principi etici e pratici tradizionali sono infatti l’unica vera alternativa alla decadenza del mondo moderno. Il tradizionalismo attribuisce inoltre una grande importanza al sentimento religioso: Dugin fa infatti riferimento, reinterpretandoli, ad autori quali Rene Guenon, Ananda Coomaraswamy, Frithjof Schuon ed altri esponenti della filosofia perennialista che, nella prima metà del XX secolo, hanno contribuito all’emergere di questo nuovo tradizionalismo. Il perennialismo, che parla di una verità unica ed eterna comune a tutte le religioni, è un elemento chiave per capire meglio la filosofia di Dugin.
Dugin riprende inoltre una visione ciclica della storia, che parte da un’età dell’oro originaria per giungere infine ad un’età di decadenza rappresentata dalla modernità. I fondamenti ideologici di quest’ultima, come per esempio individualismo, capitalismo e consumismo, sono considerati la causa del decadimento dell’Occidente nel post-liberalismo postmoderno. Secondo Dugin, da quando il liberalismo ha sconfitto tutti i suoi avversari politici (come il fascismo, la monarchia, il comunismo, il conservatorismo e così via), esso ha cominciato a proporsi come l’ordine naturale delle cose, o come una sorta di destino storico. Siamo infine giunti ad un contesto di globalizzazione, relativismo, e di fine della storia o dell’ideologia: da qui la necessità di imbarcarsi nell’elaborazione di una quarta teoria politica che superi e sconfigga l’ideologia liberale – possibilmente prima che essa si imponga anche in Russia, cancellandone l’identità.
L’Eurasiatismo
Altro concetto chiave è quello di Eurasiatismo: Dugin auspica un’unificazione politica dei popoli e delle nazioni che compongono l’Eurasia, in opposizione all’ “impero atlantista”. Egli divide il mondo in una serie di poli, ognuno caratterizzato dall’appartenenza ad una determinata civiltà, ciascuna con un proprio “logos” – ovvero pensiero o discorso. Da qui la critica al tentativo messo in atto dall’Occidente di presentare il proprio logos come paradigma di correttezza da seguire ed imporre: le altre civiltà, se vogliono conservare la propria identità, dovrebbero invece rigettare quest’egemonia culturale, ideologica e morale dell’Occidente. In questo modo, si creerebbe una situazione di multipolarismo in cui diverse civiltà -ognuna culturalmente e politicamente unita- coesisterebbero senza imposizioni.
Sono questi i presupposti ideologici che spingono Dugin ad affermare che la Russia dovrebbe puntare a riscoprire i propri valori ed a mantenere l’egemonia sulla propria sfera strategica e di influenza. Gli echi di queste idee si ritrovano in molte delle dichiarazioni antiamericane e antiliberali sia di Putin sia del Patriarca di Mosca.
Dugin sull’invasione dell’Ucraina
Il 14 marzo Dugin ha rilasciato un’intervista in cui illustra la propria posizione in merito all’Invasione dell’Ucraina operata da Putin. Il filosofo russo innanzitutto nega la veridicità delle notizie secondo le quali in Russia ci sarebbe una forte opposizione alle mosse di Putin: la popolazione, infatti, riterrebbe queste ultime necessarie alla luce dei tentativi della NATO di avvicinarsi alle frontiere russe.
A detta di Dugin, con la dissoluzione dell’URSS la Russia ha perso il controllo sui paesi dell’Est Europa, controllo che è stato gradualmente assunto dall’Occidente e dalla NATO. Una Russia con un capo di stato come Putin non avrebbe mai potuto permettere alla NATO di avanzare oltre: la guerra in Ucraina non sarebbe dunque un’invasione, ma piuttosto un’operazione militare resasi necessaria per difendere una zona di “interesse vitale” per la Russia. Sempre a detta di Dugin, l’esito può essere uno soltanto: la vittoria dell’esercito russo da un mese a questa parte, senza l’utilizzo di armi atomiche – questo, però, a patto che l’appoggio occidentale a Kiev resti indiretto.