di Lucilla Amerini

Tra le pesanti conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina, la guerra ha reso vani anni di sforzi diplomatici giapponesi per risolvere a suo favore la contesa delle isole Curili meridionali alla Russia, considerate strategiche per la loro pescosità e ricchezza di risorse minerarie. Le isole, 56 in tutto, sono poste tra l’estremità nord dell’isola giapponese di Hokkaidō e l’estremo sud della penisola russa della Kamčatka. Il Giappone ne rivendica appunto le prime quattro, rispettivamente Kunashiri, Shikotan, Hetorofu e Habomai, riferendosi al Trattato bilaterale russo-giapponese sul commercio ed i confini del 1855. 

 Il 10 marzo la Duma ha approvato, con grande disappunto da parte giapponese, una nuova legge che considera le quattro isole reclamate dal Giappone come zone esenti da dazi doganali, mentre erano ancora in corso negoziati tra i due paesi per svolgere attività economiche congiunte. Come se non bastasse, poco dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il 24 febbraio scorso, sono cominciate le incursioni di velivoli russi nella ADIZ – zona di identificazione di difesa aerea – giapponese; proseguono anche le esercitazioni navali russe sulle isole contese. 

Dal primo giorno della guerra ucraina gli USA in primis, ed i loro alleati poi, hanno cominciato a imporre sanzioni sempre più pesanti contro la “guerra di Putin”. Al di là della retorica, gli Stati Uniti hanno potuto imporre sanzioni economiche ed energetiche sulla Russia, ed infine bandire totalmente le importazioni energetiche dalla Russia senza preoccuparsi eccessivamente delle conseguenze, grazie alla loro parziale autosufficienza energetica in quanto produttori di petrolio e altri combustibili. Lo stesso non si può dire per gli alleati europei né per i giapponesi che condividono, almeno per il momento, stretti rapporti con il Cremlino per rispondere alle rispettive domande energetiche tramite l’approvvigionamento di gas russo. 

Quando nel 2014 Putin ruppe la pace olimpica durante le olimpiadi di Pechino invadendo la Crimea, l’ex presidente giapponese, Shinzo Abe, venne accusato di essere troppo morbido e lento nel reagire nei confronti della Russia. Il tentativo di Abe fu quello di adottare una strategia per portare a sé la Russia e allontanarla dalla Cina, alla quale si stava avvicinando sempre più. Durante la sua presidenza ci furono svariati tentativi di riconciliazione con la Russia per risolvere l’annoso problema della sovranità delle isole Curili. Niente di meno plausibile, data la situazione attuale. 

Ad oggi, il Giappone di Fumio Kishida ha congelato i beni di 61 oligarchi russi e membri della Duma; ha imposto sanzioni alla Banca centrale russa e ad altre sette private, e alle banche o organizzazioni bielorusse che danno supporto all’invasione del Cremlino. Presto entreranno in vigore delle nuove misure, annunciate il 14 marzo, per includere nei divieti di export verso la Russia prodotti utili all’invasione e al funzionamento dell’esercito russo come semiconduttori, equipaggiamenti vari, radar ed altri. 

Lo stesso ex primo ministro Abe, che tanto si era prodigato per riallacciare i legami con la Russia e sottoscrivere il mai raggiunto trattato di pace dopo la seconda guerra mondiale e per risolvere la questione Curili, si è recentemente lanciato in forti dichiarazioni. Ha suggerito che il paese deve potersi difendere dalla Russia (e sottointeso dagli altri nemici), che deve superare i propri tabù sul possesso di armi nucleari e che, prendendo esempio da paesi Nato come Belgio, Germania, Italia e Paesi Bassi, deve accogliere armi nucleari USA sul proprio territorio. 

E’ stato smentito poco dopo dall’attuale primo ministro Kishida, che ha affermato come questa posizione si scontri con i “3 principi non-nucleari” adottati dal Giappone nel 1967. Ciononostante, il rappresentante del ministro degli Esteri cinese Wang Wenbin ha commentato la dichiarazione dell’ex primo ministro Abe sottolineando, a suo parere, la mancanza di correttezza dei politici giapponesi nel descrivere la situazione di Taiwan  che “dovrebbero meglio riflettere sulla propria storia e stare attenti alle parole e alle azioni che utilizzano al fine di non creare ulteriori problematiche sulla questione di Taiwan”. 

Ma cosa ha letto Wang nelle parole di Abe? E cosa c’entra Taiwan con l’Ucraina?

Abe è noto per essere un forte conservatore, se non un revisionista, e per i suoi tentativi al fine di “normalizzare” il Giappone e renderlo più autonomo militarmente; inoltre. ha più volte esortato la controparte americana a prendere una chiara posizione in difesa di Taiwan. Come è facile intuire si tratta di posizioni poco apprezzate dal governo cinese, e dal ministero degli Esteri che Wang rappresenta. E’ principalmente ciò che spiega le parole di Wang. Tornando ad un quadro più generale, è certo che Taiwan e l’Ucraina (e quindi l’eterno conflitto giapponese con la Russia) sono due questioni ben distinte con caratteristiche profondamente diverse. Ciò che le accomuna agli occhi dei giapponesi è la paura che entrambe le crisi spingano inesorabilmente la Russia nelle braccia della Cina, accerchiando il Giappone.

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