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di Andrea Stucchi

Giovedì 7 ottobre la Corte Suprema polacca ha decretato in un pronunciamento storico che alcuni articoli del TUE – il Trattato sull’Unione Europea, meglio noto come Trattato di Maastricht – sono incompatibili con la Costituzione polacca. In particolare, Bruxelles contesta a Varsavia il mancato rispetto dei diritti LGBT, della libertà di informazione e dell’indipendenza del sistema giudiziario polacco, ritenuto poco indipendente dal governo a causa delle recenti nomine di molti giudici vicini al partito di maggioranza PiS (Diritto e Giustizia). Le divergenze tra Varsavia e Bruxelles sono ormai note, soprattutto dopo la vittoria elettorale nel 2017 di Mateusz Morawiecki e del suo partito, fortemente euroscettico e nazionalista.

La sentenza in verità non è la prima in questo senso: a giugno la Corte di Giustizia dell’UE ha sottoposto la Germania ad una procedura di infrazione poiché la Corte Costituzionale Federale aveva messo in dubbio il diritto della BCE di acquistare debiti sul mercato[1]. Ma il caso polacco è sicuramente più eclatante, poiché la Corte Suprema ha apertamente dipinto il TUE come incompatibile con la legge polacca, facendo venire meno uno dei pilastri fondanti dell’UE, ossia il primato del diritto comunitario su quello nazionale – primato confinato solo ad alcuni ambiti, come affermato proprio nel Trattato.

La Commissione Europea si era già imposta nei confronti della Polonia per farle cambiare rotta riguardo al suo sistema giudiziario bloccando i fondi del Next Generation EU (o Recovery Fund), ed ora in un comunicato stampa ha annunciato che “la Commissione non esiterà a fare uso dei suoi poteri ai sensi dei Trattati per salvaguardare l’applicazione uniforme e l’integrità del diritto dell’Unione”[2].

Nonostante si sia sentito parlare in questi giorni di “Polexit legale” è difficile che il caso sfoci nell’uscita della Polonia dall’Unione Europea, data la convenienza, prima di tutto economica, che Varsavia ha nel restare tra i 27 Paesi membri, ma anche perché Bruxelles non si può permettere un affronto del genere. Come l’Italia, la Polonia è fortemente inclusa nel sistema economico tedesco, e la Germania, perno dell’Unione, non si può permettere che il vicino vada alla deriva. Senza i fondi strutturali garantiti dall’UE, la Polonia si troverebbe in seria difficoltà economica, e di conseguenza manderebbe in crisi il sistema teutonico. La questione andrà risolta, in un modo o nell’altro.

Questo fatto però mette in luce una spaccatura ben più profonda. La Polonia può essere considerata il capofila di una serie di Stati dell’Europa centro-orientale – tra cui l’Ungheria, che sostiene la Polonia sulla questione[3] – i quali traggono un enorme beneficio economico dal restare nell’Unione senza ricambiare il favore, e dipingono ogni decisione di Bruxelles come interferenza nei propri affari interni. Insomma, il processo di integrazione europea procede a fasi alterne e non sta dando fin qui i risultati sperati. Forse però è stata l’Unione Europea stessa che, a partire dalla caduta del blocco sovietico, ha ingordamente incluso nel progetto comunitario una serie di giovani democrazie senza cogliere la portata dell’evento, e ora (da qualche anno) ne vediamo le conseguenze. Gli stessi stati non aderirono al progetto comunitario per vago idealismo, quanto piuttosto per ragioni economiche, ma soprattutto come corollario dell’adesione alla NATO; non hanno a cuore l’integrazione del continente ma la propria integrità, e non deve stupire data la storia di questi popoli. Guarda caso la Polonia – come la maggior parte degli Stati limitrofi – entrò a far parte dell’UE solo nel 2004, ben 5 anni dopo aver aderito al Patto Atlantico. Fu una convergenza di interessi: da una parte, questi paesi avevano bisogno di sottrarsi all’ingerenza di Mosca e trovarono negli Stati Uniti un partner affidabile, ma soprattutto abbastanza lontano da scongiurare il pericolo di un’invasione; dall’altra gli USA ne approfittarono per espandere la propria sfera di influenza a discapito del proprio nemico moribondo, anche se l’utilità di questa mossa rimane dubbia, e qualcuno lo disse già all’epoca[4]: non c’era bisogno di indispettire così tanto una Russia ormai placata, con il rischio che tornasse più aggressiva di prima o addirittura che finisse a far coppia con la Cina.

La Russia però ha mantenuto una parte della sua influenza nei confronti degli ex satelliti, palesatasi con la crisi energetica di questi giorni, che è una crisi di offerta e non di domanda: tralasciando il rincaro dovuto ad un aumento nei costi di produzione, la Russia ha da una parte risposto alla crescente domanda proveniente dall’Asia – che ha bisogno di energia nella ripresa post-covid – deviandola quindi dal Vecchio Continente; dall’altra ha deciso di limitare al minimo l’export, e in un mercato oligopolistico come quello del gas questo significa che può imporre il proprio prezzo. Sebbene non abbia colpito direttamente la Polonia o i suoi vicini, questa crisi evidenzia uno dei timori principali di Varsavia & co., ossia la forte dipendenza energetica da Mosca. Buona parte delle forniture di gas in Europa sono in mano russa – più precisamente della compagnia di stato Gazprom – e i paesi dell’Europa orientale rimangono vulnerabili alla volontà del Cremlino di fornirgli energia. Deviando il transito di idrocarburi da Polonia e Ucraina attraverso gasdotti alternativi, Mosca riesce a tenere a bada questi Paesi e le loro pulsioni russofobe.

In questo senso va letta la costruzione di Nord Stream 2: il raddoppio del gasdotto baltico significa che il gas non transiterà più (o lo farà in quote minori) dall’Europa orientale, implicando sia la mancata rendita dovuta ai diritti di transito, sia una scarsità di combustibile difficile da colmare con altri clienti o con fonti alternative, almeno nel breve periodo.

La transizione energetica promossa dall’UE mostra i suoi limiti: il concetto stesso di transizione implica che non si possono eliminare da un giorno all’altro i combustibili fossili – soprattutto il gas, idrocarburo abbastanza efficiente ma meno inquinante di petrolio e carbone[5] – perché le ripercussioni politiche ed economiche potrebbero essere gravi.

La Polonia attira l’attenzione su di sé, con il pronunciamento della sua corte costituzionale, e con la questione dei migranti al confine con la Bielorussia[6].

Si sente trascurata dagli Stati Uniti, che hanno concesso alla Germania di completare il Nord Stream per volgerla contro la Cina, e teme che, spostando sempre di più il focus sull’estremo oriente, gli americani facciano qualche concessione alla Russia, così che questa possa continuare a mantenere la presa sui vicini. L’incubo eterno della Polonia, per due volte conquistata dai russi.

Non a caso, nel Warsaw Security Forum 2021 del 5 e 6 ottobre – organizzato in partnership con la NATO – il Presidente della Repubblica di Polonia Andrej Duda ha posto l’accento sulla necessità di una maggiore cooperazione tra UE e NATO per far fronte alla minaccia russa, coinvolgendo i paesi del fianco orientale della NATO, in particolare Romania e Turchia. Gli USA sono consapevoli che la priorità non può più essere il Cremlino e stanno delegando il suo contenimento agli alleati dell’Europa orientale. Staremo a vedere se questi saranno all’altezza del compito.

Per approfondire:

Note:

[1] European Commission reaffirms the primacy of EU law, European Commission, 7 ottobre 2021;

[2] Hungary’s Orban backs Polish court ruling challenging EU law, Reuters, 9 ottobre 2021;

[3] Thomas L. Friedman, Foreign Affairs; Now a Word From X, New York Times, 2 maggio 1998;

[4] Guido Dell’Omo, Il gas naturale alla conquista del mondo, Insideover, 16 febbraio 2019;

[5] Poland sends more troops to Belarus border after migrant deaths, Euronews, 20 settembre 2021.

Fonti:

Andrea Recchia, Il mondo che emerge dal Warsaw Security Forum 2021, Geopolitica.info, 11 ottobre 2021;

Gianmarco Donolato, Aumento dei prezzi delle materie prime e dei costi dell’energia: cosa si muove nelle catene globali del valore, Geopolitica.info, 9 ottobre 2021;

Jon Henley Europe e Jennifer Rankin, Polish court rules EU laws incompatible with its constitution, The Guardian, 7 ottobre 2021;

La Polonia non riconoscerà più la supremazia delle leggi europee, Il Post, 8 ottobre 2021;

Massimo Lombardi, Energia: shock da prezzi alti, che fare?, ISPI, 8 ottobre 2021.

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