All’inizio del 2021 con il mondo alle prese con il COVID-19, la notizia dell’entrata in vigore dell’African Continental Free Trade Area (AfCFTA) è passata in secondo piano sui principali media mainstream. Ma l’AfCFTA è la più grande area di libero scambio al mondo, comprendente al suo interno 54 paesi, con una popolazione complessiva di circa 1,2 miliardi di popolazione e un PIL totale di 3.4 trilioni di dollari. Date le dimensioni del progetto, l’istituzione dell’AfCFTA potrebbe giocare un ruolo fondamentale per lo sviluppo economico e commerciale africano nei prossimi anni.
L’idea dell’accordo era nata all’interno dell’Unione Africana nel 2012, come uno dei progetti faro dell’Agenda 2063, il programma proposta proprio dall’UA per lo sviluppo economico e sociale del continente. L’AfCFTA era stato firmato inizialmente da 44 stati il 21 marzo del 2018 a Kigali, in Ruanda, e l’entrata in vigore era stata fissata nell’estate del 2020, ma è slittata al 1° gennaio 2021 a causa della Pandemia. L’AfCFTA non è stato il primo accordo di libero scambio all’interno del continente: infatti precedentemente, nel 2015, era entrato in vigore il Tripartite Free Trade Area (TFTA) tra i 26 paesi all’interno del Mercato comune per l’Africa orientale e meridionale (COMESA), la Comunità per lo sviluppo dell’Africa meridionale (SADC) e la Comunità dell’Africa orientale (EAC).
La completa attuazione dell’AfCFTA potrebbe portare a un aumento del reddito continentale del 7%, come stimato dalla Banca Mondiale. L’accordo non contempla sola la creazione di un’area di libero scambio, ma pone anche le basi per alcuni obiettivi strategici per il rilancio dell’Africa, come ad esempio:
- la creazione di un mercato unico per la circolazione di beni, servizi e persone;
- il conseguimento uno sviluppo socioeconomico sostenibile;
- il miglioramento della competitività economica degli stati membri e dell’intero continente;
- la promozione dello sviluppo industriale;
- l’accelerazione dei progressi di integrazione regionale e continentale.
In relazione agli ultimi due punti sopra citati, con l’entrata in vigore dell’accordo e l’eliminazione e la riduzione di gran parte delle barriere tariffarie, il rilancio del commercio all’interno del territorio africano diventa l’elemento fondamentale per raggiungere gli obiettivi. Guardando i dati, notiamo come l’Africa ha il 16.7% della popolazione mondiale, ma il commercio all’interno del continente vale solamente il 2,1% del totale mondiale. Inoltre, il commercio intra-africano è una realtà economica che si sta sviluppando solo in tempi recenti: nel 2000 rappresentava solamente il 9% del commercio totale dell’Africa, nel 2017 il 17%. Dunque, l’opportunità offerta dall’attuazione dell’AfCFTA potrebbe portare a un ulteriore incremento di questo dato. In particolare, il commercio intra-africano è rappresentato prevalentemente da prodotti agricoli, mentre le importazioni dal resto del mondo riguardano principalmente prodotti chimici, altri prodotti manifatturieri, macchinari e attrezzature di trasporto. La completa attuazione dell’AfCFTA prevede anche la riduzione delle cosiddette barriere non-tariffarie, vale a dire tutte quelle pratiche non fiscali che incidono sull’esportazione di un determinato prodotto (contingentamenti, procedure amministrative, determinati standard ecc…). La riduzione sia delle barriere tariffarie sia di quelle non-tariffarie porterà sicuramente a una diminuzione dei costi di importazione e di conseguenza la produzione locale potrà beneficiarne, dato che la maggiore competitività in questi settori potrebbe portare a una crescita della produzione. Ma la riduzione delle barriere non-tariffarie potrebbe portare vantaggi anche per i paesi extra-AfCFTA, vale a dire a quegli stati che esportano le loro merci in Africa, poiché i costi di importazione ed esportazione si ridurrebbero. Questo, nei migliori scenari per l’Africa possibili, potrebbe generare una crescente competitività delle imprese africane, che per reggere l’ulteriore concorrenza dovrebbero creare prodotti di una migliore qualità. In particolare, secondo la Banca Mondiale i settori che sarebbero maggiormente favoriti dall’accordo sarebbero il settore manifatturiero – il cui commercio intra-africano crescerebbe addirittura del 110%, e le esportazioni nel resto del mondo del 46% – e il settore agricolo, mentre per quello dei servizi la crescita sarebbe rilevante, anche se relativamente bassa. Questa crescita commerciale, in particolare nel settore manifatturiero, del tessile e della chimica, dovrebbe portare a una crescita del welfare di circa il 4,6% in più: circa 30 milioni di persone che uscirebbero da una condizione di estrema povertà e altri 67 milioni da condizioni di moderata povertà.
Il percorso per arrivare alla crescita pronosticata dalla completa implementazione dell’accordo ha al suo interno numerose sfide ed ostacoli, tra cui citiamo la sconfitta della Pandemia Covid-19, la creazione di infrastrutture adeguate e l’eliminazione delle barriere non tariffarie. Se, per quanto riguarda la pandemia, i vaccini potrebbero rappresentare un’importante soluzione per uscire dalla crisi sanitaria, la disponibilità di dosi da parte delle case farmaceutiche resta un’incognita. Inoltre, l’incertezza derivante dalla durata dell’immunità che il vaccino offre e la pericolosità delle nuove varianti sono aspetti che rischiano di rallentare la ripresa economica globale, portando a un ulteriore indebolimento i commerci africani con i partner occidentali. In questo senso, l’AfCFTA, può essere una soluzione per cercare di arginare gli effetti negativi che il calo produttivo dei principali partner commerciali degli stati africani ha prodotto, come la riduzione del volume degli scambi. Per quanto riguarda le infrastrutture, la costruzione di reti di comunicazioni efficienti – come autostrade, ferrovie e interporti – sarà fondamentale per facilitare gli scambi, riducendo i tempi per il trasporto e di conseguenza il prezzo del bene in questione. In questo senso sarà necessario anche mettere in sicurezza le vie di comunicazione, poiché per un sistema commerciale efficiente è necessario che gli operatori del settore siano sicuri; quindi una sfida importante sarà il contrasto a quelle attività criminali, come la pirateria, che rendono le rotte difficilmente percorribili. Infine, un’ulteriore sfida per l’AfCFTA sarà che tutti gli stati coinvolti riescano ad eliminare o a ridurre in maniera sostanziale le barriere non-tariffarie. Gli stati africani scontano un forte divario con i paesi industrializzati – per esempio – nel campo della burocrazia per le pratiche doganali, disincentivando molti operatori a commerciare con il continente.
In conclusione, la creazione dell’AfCFTA può avere un significativo ruolo nello sviluppo dell’economia dell’Africa, anche se da sola non potrà risolvere tutti i problemi economici, commerciali e sociali del continente. Serviranno non solo la creazione di un accordo sulla libera circolazione delle persone – già in programma dell’Unione Africana – ma anche una serie di riforme mirate, come la creazione di migliori e più sicure vie di comunicazione, per favorire una crescita economica sostenuta. Se l’AfCFTA riuscirà nei suoi scopi, e i governi locali sapranno destinare le risorse nella maniera più adeguata, la creazione di un mercato unico e integrato potrebbe portare alla creazione di nuove e più moderne aziende e a nuovi investimenti diretti esteri che genererebbero un ulteriore sviluppo economico.
Principali fonti: Banca Mondiale; Fondo Monetario Internazionale; ISPI; CESI; Unione Africana.